Le accelerazioni nel calcio: un carico adeguatamente valutato?
Anche le accelerazioni nel calcio sono oggetto di studio!
È noto che il calcio sia un’attività intermittente ad alta intensità, durante la quale i giocatori sono tenuti a svolgere ripetutamente azioni quali: saltare, correre ed accelerare.
Per questo motivo risulta chiara l’esistenza di un cospicuo interessamento della componente neuromuscolare, intervallati tra essi da momenti più o meno impegnativi (Sonderegger. K, et al., 2016; Stølen. T, et al., 2005; Spencer. M, et al., 2005).
Sappiamo come sia determinante per il calciatore possedere la capacità di erogare energia tramite la muscolatura degli arti inferiori (Wisloff. U, et al., 2004).
Quindi, il quesito da porsi a questo punto dovrebbe essere quello di valutare qual è il peso di questo impegno muscolare?
Ancora, è possibile avere un’idea volumetrica di questo fenomeno?
In questo articolo forniremo queste ed altre risposte, inoltre sono argomenti che vengono approfonditi corso da preparatore atletico di calcio.
La capacità accelerativa del calciatore:
un carico fisico adeguatamente considerato?
Partiamo con una premessa nell’ambito della Fisica. Infatti, la prima cosa che bisogna ricordare è che l’accelerazione, altro non è che il cambio di velocità nel tempo.
a = Δv / Δt
Inoltre, bisogna sapere come che l’accelerazione è un’espressione della forza inversamente proporzionale alla sua massa, e direttamente proporzionale al primo fattore, come sottolinea il secondo principio della dinamica:
a = F / m
Di conseguenza, l’accelerazione è un precursore della corsa ad alta velocità e richiede alti tassi di sviluppo della forza. Ebbene, questo aspetto ci fa capire come sia importante allenare la forza nel calcio nel modo più rigoroso possibile.
Infine, da un punto di vista fisiologico l’accelerazione ha come prerequisito una maggiore attivazione nervosa dei muscoli funzionanti rispetto ad uno sprint a velocità costante (Vigh-Larsen. J. F et al., 2017; Akenhead. R, et al., 2013).
La difficoltà di utilizzare un modello unico di riferimento
Chiarito il modello fisico dell’accelerazione, bisogna ripartire da questa definizione:
Il calcio è uno sport intermittente caratterizzato da grandi quantità di azioni a bassa intensità intervallate da frequenti azioni ad alta intensità.
Le analisi del movimento temporale di questo sport sono state ampiamente utilizzate per valutarne l’intensità e per quantificare il carico fisico sia degli allenamenti che delle partite. Queste analisi, tipicamente, inquadrano determinate categorie locomotorie come:
- Camminare;
- Fare jogging;
- Correre e sprintare.
Inoltre, sono basate sulla distanza percorsa o sul tempo trascorso all’interno di determinate soglie di velocità di marcia.
Tuttavia, a causa della diversa ed arbitraria categorizzazione, sia delle varie attività locomotorie, sia nella diversa scelta dei mezzi di valutazione delle medesime gli studi hanno evidenziato notevoli limitazioni nella stima del carico di lavoro.
Inoltre, a queste difformità, si aggiungono la presenza degli errori insiti dei mezzi impiegati per monitorare l’attività.
Di conseguenza, quantificare le accelerazioni nel calcio risulta davvero problematico (Dalen. T. 2017, Sweeting. A. J, et al., 2017;Vigh-Larsen J. F, et al., 2017; Varley. M. C, et al., 2017; Sonderegger. K, et al., 2016; Buchheit. M, et al., 2014). Però, cercheremo di dare delle risposte a questo importante aspetto.
Perché monitorare le accelerazioni nel calcio?
Sappiamo che raggiungere una velocità elevata su una breve distanza risulta vitale per le prestazioni di successo in molti di sport di squadra, come ad esempio nel football americano, nel rugby e nel calcio (Styles. W. J, et al., 2016; Lockie. R. G, et al., 2012).
Inoltre, alcuni autori hanno sottolineato l’importanza di monitorare la decelerazione e l’accelerazione nel calcio, come in tutti gli sport di squadra intermittenti, al fine di ottenere un quadro più realistico del carico fisico (Ingebrigtsen. J, et al., 2015).
Questo aspetto è importantissimo poiché bisogna considerare che durante uno sprint massimo di 5 secondi, il 50% del lavoro totale e ottenuto entro i primi 1.5 secondi (Aughey. R. J, Varley. M. C. 2013). Il lavoro è inteso proprio come grandezza fisica:
L = F x s
Quindi è fondamentale rafforzare l’analisi del gioco, discriminando diverse soglie di accelerazione per valutare il carico fisico. In tal senso, a seconda degli autori vengono definite differenti soglie di accelerazione:
- Bassa pari a 1-2 m/s² , moderata: pari a 2-3 m/s² , alta > 3 m/s² (Akenhead et al., 2013);
- Medie pari a 2,5-4,0 m/s² , alte maggiori a 4,0 m/s² (Bradlay. P. et al., 2010).
Invece, il dottor Aughey ha analizzato il numero di accelerazioni massime contando tutte quelle superiori a 2,78 m/s² (Aughey. R. J. 2010).
Ora, avendo chiaro il concetto che il maggiore aumento di velocità è all’inizio dell’azione, il quale si riduce poi all’aumentare della velocità di esecuzione, ne consegue che il cambio di velocità nel tempo (l’accelerazione) diminuisce all’aumentare della velocità di marcia e quindi l’accelerazione massima si verifica all’inizio di un’azione (Sonderegger. K, et al., 2016).
Le accelerazioni nel calcio: i limiti delle misure
L’accelerazione volontaria massima è inferiore quando le accelerazioni iniziano da velocità di corsa basse oppure moderate rispetto a quelle da fermo.
Dunque, le soglie di accelerazione assolute comunemente utilizzate, ad esempio quelle maggiori di 3 m/s², ignorano le diverse capacità di accelerazione rispetto alle diverse velocità di marcia iniziali.
Di conseguenza, si ipotizzano soglie di accelerazione assolute per sottostimare le azioni con moderata oppure alta velocità iniziale (Sonderegger. K, et al., 2016).
Questo risultato non stupisce, considerando che i sistemi di analisi del tempo e del movimento registrano i dati di posizione per intervalli di tempo.
Inoltre, l’accelerazione viene calcolata con la seconda derivazione dei dati di spostamento di posizione, con la possibilità di sottostimare la quantità di azioni accelerative (Sonderegger. K, et al., 2016, Ingebrigtsen. J, et al., 2015; Stevens. T. G. A, et al.,2014).
Le accelerazioni nel calcio: cosa dicono gli studi
Sappiamo però approssimativamente, secondo modelli di rilevamento, quali GPS 10Hz, che la letteratura ad oggi ci porta a stimare che tra il 17-21% della distanza totale percorsa viene ricoperta tramite accelerazioni e decelerazioni (Terje. D, et al., 2015; Akenhead. R, et al., 2013).
Inoltre, in questi studi sono valutate le percentuali rispetto alle soglie di accelerazione, ma per quanto esposto sopra sugli errori di valutazione, si potrebbe prendere per effettivi tali dati che non risulterebbero corretti.
In questo caso specifico, le accelerazioni nel calcio di alcuni studi riportano che esse siano tra il 10% (Dalen. T. 2017; Tibaudi. A Basile. M. 2014) e il 12% (Ingebrigtsen. J, et al., 2015) della distanza totale.
Secondo alcuni dati estrapolati dal campionato norvegese nello studio di Ingebrigtsen e colleghi, durante una partita i giocatori compiono in media 90.7 ± 20.9 accelerazioni. Ancora, è da sottolineare come nel campionato norvegese, si contino, probabilmente, un numero minore di accelerazioni rispetto ai campionati di rango maggiore.
Inoltre, i giocatori laterali sono coloro che accelerano un numero maggiore di volte (Ingebrigtsen. J, et al., 2015).
Infine, sappiamo che tali accelerazioni in percentuale alla distanza totale per frazioni di partita, tendono poi a diminuire in una misura che va dal 14% al 21% tra il primo quarto di partita, all’ultimo quarto di partita (Akenhead. R, et al., 2013).
Conclusioni finali
È chiaro che stimare le accelerazioni nel calcio dal punto di vista quantitativo sia un dato fondamentale da misurare e sui cui riflettere. Anche se sappiamo che spesso si tratta di una misura non proprio precisa e con dei limiti.
Inoltre, tramite l’utilizzo di sistemi e mezzi di categorizzazione delle varie attività locomotorie possiamo certamente rilevare dei dati tra cui:
- I km percorsi;
- Il numero di cambi di direzione;
- Le accelerazioni.
Però, bisogna essere consapevoli dell’errore insito di tali mezzi. Infatti, da quanto emerge sembra doveroso nel confronto e nella pratica, riferirsi a quegli studi che utilizzano gli stessi mezzi di valutazione, per non cadere in un doppio errore!
A cura del Dottore Gabriele Leotta
BIBLIOGRAFIA – REFERENCES:
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