Il mondo delle palestre viste con gli occhi dell’istruttore
Ci siamo passati tutti per quel mondo. Un universo dettato da ritardi nei pagamenti, contratti inesistenti e situazioni al limite del reale. Situazioni dove ci si sente pure dire che bisogna essere professionali, quando spesso chi proferisce queste parole non ha ben chiaro neppure lui il significato della parola “professionale”.
Per fortuna non tutti sono così e alcuni centri rappresentano un esempio da seguire. Tuttavia in molti altri si assiste a situazioni al limite del reale.
In questo editoriale parliamo di coloro che, per sfortuna o per scelta – a volte inconsapevole inizialmente – sono incappati a lavorare in centri dove si hanno pochi diritti, ma vengono imposti tanti doveri, sulla classica filosofia del “devi ritenerti fortunato di lavorare”. Un mondo di “invisibili” che per raccimolare qualche soldino per le vacanze e le uscite con gli amici sono disposti a mettere sul bastone la propria pelle e il proprio tempo, per guadagni inesistenti e prospettive future davvero inquietanti.
Ad aggravare questo quadro sono le richieste sempre più pretenziose di alcuni centri: dall’aprire la partita IVA con tariffe orarie al limite del ridicolo fino ad arrivare a pagare un affitto per svolgere la professione del personal trainer con la clausola di offrire, inoltre (come se non bastasse), un monte ore gratuito in sala pesi. Cioè come dire: “oltre il danno la beffa”. Se uno paga un affitto non è che deve avere anche l’obbligo di prestare assistenza gratuita. Eppure… ci sono diversi “professionisti” che accettano queste condizioni. Ci viene da domandarci se questa situazione è dettata da persone che non si fanno troppo i conti in tasca o se abbiano la percezione di un futuro Eldorado che ovviamente non è altro che uno specchietto per le allodole.
Se uno paga un affitto presso un centro, non è normale che un professionista presti inoltre ulteriore tempo – il che significa soldi persi – per fornire assistenza in sala pesi. Sarebbe come pagare un affitto per un appartamento, ma il proprietario di casa richiede inoltre che tu vada a fargli le pulizie del gabinetto di casa sua. Avrebbe del ridicolo non trovate? Eppure non lo è così tanto, se pensiamo a quanti centri adottano questo sistema e alla marea di persone che accettano.
La colpa è però dei centri o di chi accetta queste condizioni? Di entrambi, sicuramente. Se da una parte i proprietari si fanno forza di un’orda di “ingenui”, dall’altra parte il professionista o futuro tale, dovrebbe rifiutarsi immediatamente di lavorare in determinate condizioni.
E poi ci sono i centri dove le cose sono nettamente divise e chi presta ore del proprio operato in sala pesi viene pagato un tot per ora di lavoro. Le tariffe medie oscillano dai 4 agli 8 Euro per ora di sala pesi. Capita che i ritardi nei pagamenti sono talmente la prassi che i soldi – seppur pochi – si vedono a babbo morto.
Così come l’istruttore è puntuale nell’iniziare il suo turno di lavoro, perché mai un proprietario non dovrebbe essere puntuale nel pagarlo? Sarebbe come dire di avere un orario di lavoro, ma l’istruttore decide se venire questa settimana o la prossima, a seconda di come gli gira.
Pretendete pagamenti puntuali, così come voi siete puntuali nel prestare il vostro servizio. Purtroppo, questa cosa è aggravata dal fatto che molti ragazzi non hanno la capacità di pretendere correttezza da parte di chi la richiede.
Un gioco perverso che continua da anni in ambienti che vengono visti da alcuni come il punto di arrivo, ma sono solo un “arrotonda lavoro”, perché non si può pensare che un lavoro da dieci mila Euro l’anno possa essere intrapreso per la vita (e quale sarebbe il grande piano per il futuro? Continuare con un rimborso spese?).
C’è poco da scherzare, in un mondo dove si continua a far finta che vada tutto bene, crogiolati da decadi dove i controlli inesistenti e collaboratori affetti da senso di omertà, hanno alimentato metodi e modi di lavorare che sono a dir poco vergognosi.
E non parliamo di paghe orarie, perché in sala pesi quelle sono e quelle resteranno, quanto per le modalità di pagamento e i modi con cui si articola il rapporto lavorativo. Si arriva al punto in cui ci si sente pure in colpa se uno prende ferie – con partita IVA in sala pesi – come se la partita IVA non sancisse un certo senso di libertà nella definizione che vi è alla base: “libero professionista”.
Se uno pretende continuità e impone doveri ha come soluzione quella di non far aprire la partita IVA ai suoi collaboratori. Al contrario, la partita IVA su monocommittente non dovrebbe essere possibile, ma sappiamo bene come nel nostro paese ci siano una miriade di liberi professionisti – finti – che in verità lavorano per un singolo centro per un monte ore che tocca quello di un full time e non si hanno nemmeno i vantaggi che avrebbe normalmente un libero professionista nella gestione del suo tempo.
Finché si tratta di svolgere la professione di personal trainer va tutto bene – anzi, sarebbe necessario avere la partita IVA – ma quando questo diventa un motivo per far svolgere ore di sala pesi, tipiche di un lavoro strutturato, direi che la questione cambia (e molto!).
Speriamo in una nuova generazione di giovani – e meno giovani – che abbiano il coraggio di farsi valere nei loro diritti e di scegliere opportunità lavorative che siano consone per ciò che hanno studiato.