Cos’è la supercompensazione e a cosa serve in allenamento?
Ci sarà pu capitato che dopo qualche settimana di palestra, riuscivamo già a notare alcuni aumenti di carico o un po’ di fatica in meno nell’eseguire i nostri esercizi. Per gli appassionati della corsa sarà senz’altro successo che ad un dato numero di chilometri, la nostra fatica scendeva con il passare delle settimane. Se prima facevamo molta fatica nel compiere dieci chilometri, alternando momenti di corsa a momenti di camminata, dopo alcune settimane riuscivamo a correre senza fermarci e con meno fatica rispetto a prima.
Cosa ci fa migliorare nel tempo? La risposta risiede in una parola: supercompensazione.
Cos’è la supercompensazione?
La supercompensazione è il principio che spiega come il nostro corpo si adatta ad un determinato carico. In altre parole è il processo che ci permette di migliorare, man mano, che ci condizioniamo. La legge di Weigert spiega la cosiddetta supercompensazione.
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Come funziona?
Il corpo sottoposto ad un dato carico di lavoro abbassa il suo stato di forma, in quanto lo stress subìto porterà alla necessità di riposare. Al termine dell’allenamento inizierà la fase di ristabilimento della forma fisica che si possedeva prima dell’inizio dell’allenamento. Al termine della fase di ristabilimento avremo una fase positiva della supercompensazione, dove il corpo subirà un adattamento positivo al carico e migliorerà il suo stato di forma rispetto a quello precedente.
Le tante curve della supercompensazione
Affinché la supercompensazione avvenga con successo, è necessario che il corpo sia nutrito correttamente, riposi per un tempo adeguato e che i carichi di lavoro rispettino i principi dell’allenamento sportivo. In questo modo agevoleremo la fase positiva della supercompensazione, evitando di cadere nel tempo in un fenomeno di overreaching e overtraining.
La supercompensazione che si studia come modello teorico per spiegare i processi di adattamento che avvengono nel corpo, ha bisogno però di alcuni chiarimenti.
Più che di supercompensazione sarebbe giusto parlare di supercompensazioni. Non esiste una sola curva della supercompensazione, ma diverse. Si può parlare di singola curva della supercompensazione quando parliamo della stessa struttura biomotoria. All’interno però di una medesima struttura biomotoria abbiamo diverse componenti con tempistiche supercompensative diverse. Tra queste abbiamo:
- una componente muscolare;
- una componente neurologica;
- una componente psicologica.
Alcuni potrebbe storcere il naso dalla componente psicologica, ma ci torneremo tra poco, perché anche la parte cognitiva dell’atleta ha un suo peso, non indifferente nella buona riuscita di una prestazione.
Componente muscolare
Questa componente è quella che supercompensa prima di molte altre. Bastano alle volte poche ore o poche decine di ore affinché il muscolo possa nuovamente essere sottoposto a nuovo stress. La componente muscolare è la parte bioenergetica del creatin-fosfato, del glicogeno e dei processi ossidativi e mitocondriali. Insomma, parliamo del recupero di allenamento e sistemi energetici.
Recupero e stress neurologico
La componente nervosa, rispetto a quella muscolare, recupera più lentamente. I tempi di recupero delle fibre nervose possono essere cinque volte superiori quelle muscolari.
Componente psicologica
La componente cognitiva necessita di recuperi differenti rispetto alla componente muscolare o neurologica e può essere la componente più lenta in termini di supercompensazione.
Strutture biomotorie e supercompensazione
Ogni abillità fisica e ogni pattern di movimento rappresentano idealmente una struttura biomotoria. Ciascuna struttura biomotoria, rappresentata come somma di componenti biomeccaniche, funzionali e metaboliche, ha una sua curva supercompensativa.
Gestire, conoscere e sfruttare le curve supercompensative ci permette di muoverci meglio nel delicato mondo dell’allenamento sportivo.
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