Attività fisica durante la gravidanza: la guida completa
L’esercizio fisico è un elemento essenziale per il mantenimento della salute e la prevenzione di alcune patologie durante il periodo della gravidanza.
Le donne che iniziano una gravidanza con uno stile di vita sano dovrebbero mantenere le buone abitudini anche durante questo periodo, mentre coloro che non hanno un corretto stile di vita dovrebbero considerare questa opportunità per abbracciare abitudini più salutari.
Però non tutte le attività sportive sono consigliate. Per questo esistono alcune restrizioni e accortezze che devono essere prese in considerazione quando si propone l’esercizio fisico in donne in dolce attesa.
Vediamo nel dettaglio cosa consigliare, i fattori di rischio e i benefici dell’attività motoria ma anche ciò che dobbiamo tenere in considerazione per tutelare la salute della donna e del futuro nascituro.
Attività fisica durante la gravidanza: la guida completa
In gravidanza l’inattività fisica e l’aumento di peso possono portare a complicanze durante la gestazione, ma anche nel periodo post parto (ACOG, 2013). Per questo l’American College of Obstetrician and Gynecologists afferma quanto segue:
il riposo a letto non è efficace per la prevenzione della nascita e non dovrebbe essere raccomandato (ACOG, 2012). Quest’ultimo è indicato solo raramente e, nella maggior parte dei casi, nelle gravidanze a rischio (Crowther & Han, 2010).
Le donne incinta, soprattutto atlete che godono di buona salute, dovrebbero compiere almeno 150 minuti a settimana di attività fisica moderata o lievemente intensa (DHHS, 2008). Questa attività dovrebbe essere distribuita durante la settimana e, poiché l’esercizio aerobico in gravidanza mantiene o migliora la forma fisica e la funzione cardiorespiratoria, una parte di essa deve essere dedicata all’attività aerobica leggera o moderata.
Tuttavia durante la gravidanza potrebbe essere necessario modificare la routine di allenamento per adattarsi ai normali cambiamenti anatomici e fisiologici.
Non possiamo non citare alcuni rischi legati all’attività fisica non correttamente programmata. Un’attività fisica regolare in alcune donne può causare aborto spontaneo, scarsa crescita fetale, lesioni muscoloscheletriche o parto prematuro. Per questo occorre sempre accompagnare l’attività fisica con la valutazione del medico per tenere sotto supervisione alcuni parametri fisici deputati come campanelli d’allarme. Inoltre sarà cruciale l’intervento di un laureato in Scienze Motorie che sia adeguatamente formato per questi casi specifici.
I cambiamenti anatomici e fisiologici durante la gravidanza
Durante la gravidanza si verificano diversi cambiamenti anatomici e fisiologici che dovrebbero essere considerati durante la prescrizione dell’attività fisica.
Tra i cambiamenti più rilevanti troviamo:
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L’incremento di peso e lo spostamento del baricentro verso l’avanti;
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L’aumento della lordosi progressiva durante il passare dei mesi.
Queste modifiche anatomiche portano ad un aumento delle forze sulla colonna vertebrale soprattutto durante l’esercizio fisico. Di conseguenza quasi il 60% delle donne in gravidanza soffrono di lombalgia (Wang et al, 2004).
Come tutela si consiglia di rafforzare i muscoli addominali e della schiena soprattutto nelle prime fasi della gravidanza.
Un altro fattore fisiologico che si modifica durante la gravidanza è l’apparato cardiovascolare. Durante questa fase il volume del sangue aumenta così come la frequenza cardiaca a riposo e la gittata cardiaca.
Questi cambiamenti emodinamici stabiliscono la riserva circolatoria necessaria per sostenere la donna incinta e il feto, sia a riposo che durante l’esercizio.
Anche l’apparato respiratorio e quello termico subiscono delle variazioni. La ventilazione al minuto aumenta fino al 50% in più, a causa di una riduzione fisiologica della riserva polmonare.
Viene manomessa così tutta la capacità di recupero dell’esercizio fisico:
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la disponibilità di ossigeno per un intenso esercizio fisico aerobico è ridotta;
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la capacità di allenarsi e recuperare dall’attività fisica anaerobica è limitata;
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l’alcalosi respiratoria fisiologica limitata potrebbe non essere sufficiente per compensare lo sviluppo di acidosi metabolica di un intenso esercizio fisico.
Queste tre situazioni fanno capire come sia indispensabile che l’attività fisica sia programmata correttamente e di adattarla al periodo e alla fase della gravidanza.
Il carico di lavoro, inteso sia come intensità che come densità, deve essere necessariamente ridotto, soprattutto in donne in gestazione in sovrappeso o obese (Artal et al, 1986).
L’ultimo fattore fisiologico che subisce modifiche dettate dalla gravidanza è la regolazione della temperatura corporea. La termoregolazione durante la gravidanza migliora, questo porta ad un aumento della termogenesi, probabilmente a causa dell’aumento della circolazione cutanea, della ventilazione minuto e del volume del plasma (Bø et al, 2016).
L’aumento della termogenesi non è un fattore limitante dell’ercizio fisico.
Infatti uno studio di Soultanakis e colleghi, ci mostra come la temperatura nelle donne che fanno esercizio fisico moderato per 60 minuti, non è preoccupante (<38°C) (Soultanakis et al, 1996). Tutto ciò però è valido in condizioni favorevoli (ambiente esterno controllato e buona idratazione).
In qualsiasi situazione occorre mantenere sotto controllo lo stato di idratazione e temperatura della donna in gravidanza. Correre una maratona in una giornata calda o compiere un intenso esercizio fisico in un ambiente caldo, potrebbe aumentare significativamente la temperatura interna (Artal et al, 2003). Attività come yoga o pilates in ambienti non correttamente climatizzati possono causare ipertermia non sicura e mettere a rischio il parto (Artal et al, 2003).
Nonostante le diverse modifiche anatomiche e fisiologiche durante la gravidanza, l’attività fisica controllata ha rischi minimi sulla salute delle donne.
Le lesioni più comuni legate all’attività fisica in gravidanza sono muscoloscheletriche: in generale correlate a edema degli arti inferiori (80%) e lassità articolare (Robertson, 1971).
Gli effetti positivi dell’attività fisica in gravidanza
Come osservato nei paragrafi precedenti l’attività aerobica è importante per la donna in gravidanza. Attenzione però a non farvi trarre in inganno dalla parola “attività aerobica”. Non stiamo invitando ad andare a correre per ore o alla classica attività aerobica che fornirebbe un trainer. Anche delle semplici passeggiate rientrano nell’ambito dell’attività aerobica.
Per questo è stato dimostrato, più volte, che un regolare esercizio aerobico durante la gravidanza migliora o mantiene la forma fisica (Kramer & McDonald, 2006; de Oliveria Melo et al, 2012; Price et al 2012). Inoltre esso può aumentare la capacità aerobica sia in donne in gravidanze normali che in sovrappeso (Santos et al, 2005).
L’esercizio fisico in gravidanza, però, non ha effetto soltanto a livello aerobico.
Alcune ricerche hanno mostrato benefici nella prevenzione del diabete mellito gestazionale (GDM) (Cordero et al, 2014), nella gestione del parto (Pennick & Liddle, 2013) e nel tempo di recupero post-parto (Price et al 2012).
Svolgere attività fisica durante la gravidanza risulta fondamentale, ma solo se correttamente proposta.
Altri effetti benefici sono:
- la riduzione dei livelli di glucosio in circolo nelle donne con GDM (García-Patterson et al, 2001);
- prevenzione per la pre-eclampsia (edema, proteinuira o ipertensione) (Meher & Duley, 2006);
- controllo dell’aumento di peso nelle donne in sovrappeso e obese (Muktabhant et al, 2015).
Nei casi in cui le donne soffrono di mal di schiena, l’esercizio in acqua è un’ottima alternativa per alleviare il dolore (Kihlstrand et al, 1999). Inoltre l’American College of Obstetrician and Gynecologists afferma che il totale riposo a letto può portare al rischio di tromboembolia venosa, demineralizzazione ossea e decondizionamento fisico (ACOG, 2012).
Ecco un riassunto degli effetti positivi dell’attività fisica durante la gravidanza:
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Mantenimento o miglioramento della resistenza cardiorespiratoria, della forza e della flessibilità muscolare (Artal et al, 2003).
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Miglioramento dell’agilità, della coordinazione, dell’equilibrio, della potenza del tempo di reazione (Gavard & Artal, 2008).
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Controllo dell’aumento di peso gestazionale (Perales et al, 2016).
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Prevenzione o riduzione della gravità dei sintomi ortopedici, come lombalgia e dolore alla cintura pelvica (Owe et al, 2016).
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Prevenzione dell’incontinenza urinaria: gli esercizi muscolari del pavimento pelvico (esercizi di Kegel) eseguiti durante la gravidanza aiutano a ridurre il rischio, a breve termine, di incontinenza urinaria.
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Possibile riduzione del rischio di sviluppare diabete gestazionale e pre-eclampsia (Aune et al, 2014).
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Possibile riduzione della durata della prima fase del travaglio (Perales et al, 2016).
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Riduzione del rischio di parto cesareo (Poyatos‐León R et al, 2015).
Questi vantaggi si influenzano tra loro. Ad esempio: le donne in sovrappeso e obese possono controllare l’aumento eccessivo di peso attraverso l’esercizio fisico diminuendo così la probabilità di sviluppare diabete gestazionale, macrosomia, pre-eclampsia, parto prematuro e parto cesareo (Artal et al, 2003).
Effetti negativi dell’attività fisica durante la gravidanza: precauzioni.
I cambiamenti anatomici e fisiologici automaticamente portano delle limitazioni nell’esercizio fisico o nella tipologia di sport da compiere. Esistono però delle precauzioni da adottare, dati soprattutto dal buonsenso e cura per sé stessi.
Qualsiasi sia l’esercizio fisico che si intende compiere la donna in gravidanza deve essere ben idratata, deve indossare abiti larghi ed evitare eccesso di calore e umidità, soprattutto durante il primo trimestre (ACSM 2015).
L’esposizione al calore è il parametro più preoccupante che lega gravidanza ed esercizio fisico. Detto questo sembra che l’esercizio fisico condotto in ambiente controllato non aumenti di molto la temperatura interna della donna in gravidanza (Milunsky et al, 1992).
Attenzione però all’uso di saune, vasche idromassaggio o febbre alta che possono aumentare il rischio di difetti del tubo neurale (Milunsky et al, 1992).
Un altro parametro da tenere sotto controllo è la circolazione sanguigna e il ritorno venoso al cuore. Posture immobili, come alcune posizioni di yoga o alcune posizioni supine, possono comportare una riduzione del ritorno venoso e ipotensione (Clark et al, 1991). Queste posizioni dovrebbero essere evitate il più possibile nelle donne in gravidanza (Clark et al, 1991).
Inoltre la riduzione della circolazione polmonare fa diminuire anche la capacità di immagazzinamento d’ossigeno. Per questo attività aerobiche intense o con ridotta circolazione di ossigeno dovrebbero essere evitate (Camporesi, 1996). Un esempio sono tutte le attività di immersione in acqua (Camporesi, 1996).
Al contrario, attività fisiche in pianura, o ad altitudini lievi, possono essere compiute in sicurezza (in base all’intensità dell’esercizio) (Artal et al, 1995).
In genere le donne in gravidanza che godono di ottima salute, o che erano solite compiere attività fisica anche precedentemente, possono impegnarsi in programmi a moderata intensità, come jogging e aerobica, senza effetti negativi.
Attenzione che l’esercizio fisico intenso o prolungato superiore a 45 minuti può portare a ipoglicemia; pertanto, è necessario un adeguato apporto calorico prima dell’esercizio o la limitazione della sessione di allenamento per minimizzare questo rischio (Khan, 2019).
Ecco un riassunto dei rischi potenziali dell’attività fisica durante la gravidanza:
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Trauma materno e impatto sul feto.
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Ipertermia: aumento della temperatura interna materna a 39 ° C, soprattutto nelle prime 4-6 settimane di gravidanza (Milunsky et al, 1992). Questo è stato associato ad un aumento del rischio di difetti del tubo neurale (Edwards, 2006).
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Riduzione del flusso sanguigno utero-placentare: durante l’esercizio fisico il flusso sanguigno è diretto maggiormente ai muscoli che lavorano. Episodi sporadici di bradicardia fetale durante l’esercizio materno potrebbero compromettere il flusso sanguigno uterino, causando lesioni fetali correlate all’ipossia (Carpenter et al, 1988). Tuttavia diverse ricerche suggeriscono che il feto normale compensa eventuali cambiamenti transitori nel flusso sanguigno utero-placentare durante l’esercizio materno, diminuendo o annullando qualsiasi tipo di danno, anche nelle donne in gravidanza precedentemente sedentarie (Barakat R et al, 2014).
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Aumento della frequenza cardiaca fetale (FHR) all’esercizio fisico materno: l’esercizio materno è generalmente associato ad un aumento di 10-30 battiti/minuto di FHR, indipendentemente dall’età gestazionale e dall’intensità dell’esercizio (Carpenter et al, 1988). L’aumento dell’FHR è una normale risposta fisiologica alla riduzione transitoria del flusso sanguigno uterino e al passaggio transplacentare delle catecolamine materne, che sono elevate durante l’esercizio. Queste risposte fetali sono meccanismi protettivi che aumentano il flusso sanguigno e facilitano lo scambio dei gas respiratori attraverso la placenta. In alcuni casi, tuttavia, una riduzione prolungata del flusso sanguigno utero-placentare può provocare ipossiemia fetale, con conseguente stimolazione vagale e bradicardia (Artal & Romeu, 1986).
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Crescita fetale compromessa: sebbene l’esercizio fisico possa avere un piccolo effetto negativo sul peso alla nascita, non sembra aumentare il rischio di parto prematuro. Una rewiev del 2015 ci mostra come l’effetto dell’esercizio fisico prenatale, 45 minuti 3 volte alla settimana (di aerobica o muscolazione o entrambi) non ha influito negativamente sul peso alla nascita del bambino (Owe et al, 2012). Questi risultati però non prendono in considerazione sessioni di allenamento più intense, frequenti e prolungate.
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Aborto spontaneo o parto prematuro: l’attività fisica/esercizio ricreativo leggero o moderato non aumenta il rischio di aborto spontaneo o parto prematuro in donne con gravidanze non complicate (Bø et al, 2016). Tuttavia l’esercizio fisico intenso all’inizio della gravidanza aumenta il rischio di aborto spontaneo (Hjollund et al, 2000).
Costruire un programma di allenamento di attività fisica durante la gravidanza
I principi di allenamento dell’attività fisica per le donne in gravidanza non differiscono da quelli per la popolazione generale (DHHS, 2008). Innanzitutto occorre una valutazione clinica approfondita per garantire che una donna non abbia motivi medici per evitare l’esercizio fisico. Per questo un programma di esercizi deve essere sviluppato con il paziente e regolato dal punto di vista medico-salutistico.
Qualsiasi tipo di esercizio deve essere condotto in un ambiente termoneutrale o in condizioni ambientali controllate (aria condizionata) con particolare attenzione alla corretta idratazione e all’apporto calorico fornito (Soultanakis et al, 1996).
Le donne in gravidanza obese dovrebbero essere incoraggiate a impegnarsi in un corretto stile di vita che include attività fisica e una dieta controllata (ACOG, 2013). Esse potrebbero iniziare con un programma con pochi esercizi e a bassa intensità, aumentando gradualmente l’intensità.
Studi recenti hanno esaminato gli effetti dell’esercizio fisico nelle donne in gravidanza e obese affermando che l’attività fisica contrasta l’aumento eccessivo di peso in gravidanza limitando gli effetti negativi del sovrappeso (Renault et al, 2014).
Tuttavia l’esercizio fisico può avere anche un impatto negativo su alcune complicazioni ostetriche, indipendentemente dal precedente livello di fitness della donna. Si possono manifestare, anche se raramente, complicazioni durante la gravidanza come preeclampsia, restrizione di crescita fetale, resistenza utero-placentare e vasodilatazione cerebrale post-esercizio (Chaddha et al, 2005). Per questo si consiglia di evitare l’esercizio fisico moderato o intenso in pazienti con insufficienza uteroplacentare.
Scelta di un programma di allenamento in gravidanza
La costruzione di un programma di allenamento per le donne in gravidanza vede la gestione di 3 parametri principali:
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Tipologie di esercizi da includere o evitare;
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Intensità e progressione;
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Frequenza e durata.
Una sessione di allenamento tipica inizia con il riscaldamento e lo stretching (da 5 a 10 minuti), seguito dal programma di allenamento (30 minuti per sessione e almeno 150 minuti / settimana) e termina con il defaticamento (da 5 a 10 minuti).
Tipologie di esercizi da includere o evitare
L’attività fisica da scegliere, così come gli esercizi da compiere, sono legate allo stato di forma del soggetto. Infatti il programma di allenamento deve essere necessariamente modificato in base alla variazione della condizione durante la gravidanza.
Le attività dovrebbero essere volte al miglioramento dello stato cardiorespiratorio (esercizio aerobico) e muscolo-scheletrico (esercizio contro resistenza). Si consigliano esercizi e attività che attivano grandi gruppi muscolari in modo ritmico e continuo (ad esempio: camminata, danza aerobica, nuoto, ciclismo, canottaggio, jogging), che mantengono uno stato di forza fisica (ex. Rowing, lat machine, Leg press, chest press), che allenano i muscoli del core (ex. Lavori statici su rialzi o trx in sicurezza) e che mantengano la flessibilità (come esercizi di yoga o pilates, ma correttamente adattati alla situazione specifica) (Artal et al, 2003).
Tuttavia, esistono diversi principi da tenere in considerazione nella scelta di un programma di allenamento, come esistono diverse attività che dovrebbero essere evitate durante la gravidanza:
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Le attività ad alto rischio di caduta o quelle ad alto rischio di trauma addominale sono controindicate a causa del rischio di distacco di placenta e lesioni materne (Mottola et al, 2018).
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Attività che richiedono movimenti di salto e rapidi cambi di direzione possono sollecitare le articolazioni e aumentare il rischio di lesioni alle articolazioni (Mottola et al, 2018).
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Gli esercizi di flessibilità devono essere personalizzati per ridurre la suscettibilità alle lesioni articolari: a causa del maggiore rilassamento dei legamenti, le articolazioni sono supportate in modo meno efficace, specialmente nelle donne con scarsa massa muscolare (Evenson et al, 2019).
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Lo yoga è generalmente sicuro per le donne in gravidanza e i loro feti (Babba & Shyken, 2016). Può aumentare la forza, migliorare la forma fisica materna e ridurre lo stress. Le donne dovrebbero evitare “hot yoga” e evitare posizioni yoga che risultano scomode o che possono causare perdita di equilibrio e caduta.
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Gli esercizi che richiedono una posizione supina devono essere evitati dopo il primo trimestre poiché questa posizione predispone molte donne in gravidanza ad episodi ipotensivi.
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L’allenamento di forza può essere eseguito durante la gravidanza, ma in maniera limitata. Si consigliano allenamenti contro resistenza a bassa intensità (intorno ai 5-15kg – sia con pesi liberi o macchinari), con ripetizioni multiple (8-15 con intervalli di 1-2 respiri tra le reps) (Petrov et al, 2015).
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Gli esercizi a carico libero generalmente vengono eseguiti in modo meno efficiente in gravidanza e sono più costosi dal punto di vista energetico (Drenowatz et al, 2014).
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Evitare la manovra di Valsalva: essa provoca un rapido aumento della pressione sanguigna e della pressione intra-addominale e pertanto può ridurre temporaneamente il flusso sanguigno utero-placentare [Mottola et al, 2018].
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L’esercizio fisico acquatico è un’attività non particolarmente vantaggiosa per le donne in gravidanza: l’edema periferico è ridotto, le forze articolari sono ridotte, il calore corporeo viene dissipato nell’acqua e si rischia l’ipertermia (Katz VL et al, 1988). Per prevenire l’ipertermia, il Royal College of Obstetricians and Gynecologists raccomanda di limitare l’esposizione a temperature superiori a 32 ° C e di mantenere le temperature della piscina per idroterapia a 35 ° C (RCOG, 2006).
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Le immersioni subacquee devono essere evitate durante la gravidanza perché il feto presenta un rischio maggiore di malattia da decompressione secondaria data dall’incapacità della circolazione polmonare fetale di filtrare la formazione di bolle (ACOG, 2015).
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Chi si si sposta da zone pianeggianti sopra i 2500 – 6000 piedi, dovrebbe evitare qualsiasi sforzo nei primi tre o quattro giorni, a causa della riduzione della disponibilità di ossigeno [59]. Questa è l’unica precauzione, poiché non sono stati trovati effetti avversi sul feto dati dall’attività fisica ad altitudini fino a 6000 piedi (2500 m) (Huch, 1996).
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Attenzione al mal di montagna. Se si avvertono segnali come mal di testa, sonno scarso, anoressia, affaticamento, nausea, vomito e, nei casi più gravi, edema polmonare si dovrebbe smettere qualsiasi attività fisica e tornare al più presto a un’altitudine più bassa. Consultare un medico se si verificano tali sintomi.
Intensità e progressione
L’intensità dell’esercizio fisico in gravidanza è fortemente dipendente dal livello di capacità fisica della donna. Idealmente i primi allenamenti devono coinvolgere attività facilmente quantificabili e gestibili (ad esempio la camminata, il movimento in acqua o il ciclismo fisso). Solo successivamente l’intensità può essere aumentata gradualmente.
Le donne che esercitavano attività fisica regolare prima della gravidanza possono, se in possesso di buona salute e gravidanza non a rischio, riprendere l’attività fisica anche ad intensità maggiori (ad esempio, jogging, aerobica, muscolazione) (Evenson KR et al, 2014).
Monitoraggio dello sforzo percepito
L’uso dello sforzo percepito sembra essere il metodo più pratico per misurare l’intensità dell’esercizio (ACOG, 2015). Si consiglia di far apprendere, precedentemente alla gravidanza o nei primi mesi, la comprensione della fatica percepita secondo la scala di valutazione di Borg a 20 punti.
Una valutazione ottimale dello sforzo percepito durante l’esercizio fisico in gravidanza deve avere un punteggio che va da 13 a 14 punti. La percezione di fatica maggiore (16-18 punti) è indice di intensità troppo elevata (Borg & Weight, 1998). Al contrario punteggi minori (8-10 punti) indicano intensità troppo basse, utili per chi non ha mai fatto attività fisica o nei primi mesi di gravidanza (Borg & Weight, 1998).
Un altro metodo di valutazione della fatica è il “talk test”: si basa sulla capacità, e lucidità, di intrattenere una discussione durante lo sforzo (Persinger et al, 2004).
L’individuo durante l’attività, banda o moderata, dovrebbe essere in grado di continuare una normale conversazione. Mentre l’attività fisica media o intensa è associata ad aumenti sostanziali della respirazione, insieme all’incapacità di continuare facilmente una normale conversazione.
Il “talk test”, seppur rappresenta un metodo più grossolano e meno preciso, ci dà una valutazione immediata dello sforzo praticato, senza interpretazione personale del soggetto (che potrebbe essere sotto o sovra stimata).
Monitoraggio della frequenza cardiaca
Un’altra misura dell’intensità è la valutazione della frequenza cardiaca.
Come per lo sforzo percepito la frequenza cardiaca di riferimento cambia in base al livello di fitness (Behm et al, 2008).
Infatti esistono delle linee guida che ci possono aiutare nel monitoraggio dell’intensità cardiaca (Mottola et al, 2006):
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Da 20 a 29 anni: da 145 a 160 battiti / minuto,
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Da 30 a 39 anni: da 140 a 156 battiti / minuto.
Legata alla frequenza cardiaca ed esercizio fisico troviamo delle indicazioni relative all’equivalente metabolico (MET):
Le donne che non hanno dimestichezza con l’attività fisica possono condurre routine di allenamento di intensità moderata: definite come esercizio da 3 a 4 MET (camminata veloce, yoga, aerobica/danza leggera, muscolazione a bassa intensità) (Pescatello et al, 2014).
L’intensità dell’esercizio può essere tranquillamente aumentata da 6 a 7 MET (corsa in pianura, camminata in salita, nuoto, aerobica/ballo, muscolazione a moderata intensità) in madri sane che hanno un buon livello di fitness (Pescatello et al, 2014).
Frequenza e durata dell’esercizio
Secondo le ultime indicazioni le donne in gravidanza dovrebbero arrivare a 150 minuti di esercizio moderato o intenso a settimana (Mottola et al, 2018). Questa attività fisica dovrebbe essere suddivisa in 3-4 giorni alla settimana evitando di accumulare tutto il volume in un’unica giornata.
Altre linee guida suggeriscono 30 minuti di esercizio quotidiano da 5 a 7 giorni (Franklin et al, 2000; Evenson at al, 2014; ACOG, 2015). Questo potrebbe essere di monito, o incoraggiamento, per una vita attiva e poco sedentaria.
Tuttavia le donne che non hanno mai condotto esercizio fisico con costanza dovrebbero aumentare in maniera graduale sia la durata dell’esercizio fisico sia la frequenza di allenamento. Si consiglia di iniziare con un minimo di soli 10 minuti di attività giornaliera, per poi passare a 20 minuti 4-5 volte a settimana e concludere con 30 minuti 3-4 volte.
Per le donne che invece hanno sempre praticato attività fisica possono spingersi fino a 45 minuti di attività fisica giornaliera, tenendo però in considerazioni le raccomandazioni ambientali e personali esposte nei paragrafi precedenti (calore, idratazione e stress).
Atleti d’elite e rischio di diabete durante la gravidanza.
Gli atleti competitivi che vogliono mantenere il loro stato di forma anche durante la gravidanza devono essere costantemente sottoposti a supervisione medica (dato il livello di attività fisica maggiore rispetto a donne poco allenate o sedentarie).
Tali atlete dovrebbero prestare particolare attenzione nell’evitare l’ipertermia, mantenere una corretta idratazione e sostenere un’adeguata assunzione calorica per prevenire la perdita di peso, che può influire negativamente sulla crescita fetale.
Le preoccupazioni dell’atleta agonista in dolce attesa rientrano in due categorie generali:
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effetti della gravidanza sulla capacità fisica competitiva,
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effetti dell’allenamento intenso sulla gravidanza.
Per quanto riguarda la prima categoria i dati suggeriscono che l’idoneità aerobica di una donna rimane la stessa o migliora leggermente durante la gravidanza se continua ad allenarsi fino a quando i suoi sintomi materni lo consentono (Bø et al, 2016 – Part 1). La maggior parte degli atleti d’élite diminuirà il ritmo dell’allenamento con il progredire della gravidanza. Infatti l’aumento di peso, l’anemia fisiologica, l’edema e i dolori muscoloscheletrici possono impedire all’atleta di mantenere il suo livello di prestazione pre-gravidanza, ma questo dipende dai requisiti specifici del suo sport (Bø & Backe‐Hansen, 2007).
È interessante notare che almeno 17 atleti hanno gareggiato alle Olimpiadi durante la gravidanza e alcune sono riuscite a salire nel podio (Erdener & Budgett, 2016).
Per quanto riguarda gli effetti dell’allenamento intenso sulla gravidanza una meta-analisi basata su 62 donne competitive, che hanno mantenuto alta l’intensità dell’allenamento, ha valutato che esse sono più esposte a rischio di parto prematuro, anoressia del feto, pre-eclampsia e ipertensione gestazionale (Palmer et al, 2013). Un’altra ricerca su donne danesi ha confermato la relazione tra l’intensità di allenamento e le complicazioni da gravidanza (Runge et al, 2013). Anche se Runge e colleghi hanno affermato che l’allenamento con un volume totale (kg*ripetizioni) maggiore di 1000 al giorno NON è correlato a problemi gestazionali (Runge et al, 2013).
Generalmente un terzo delle lesioni registrate in gravidanza è stato attribuito ad attività fisiche pericolose ad alta intensità. In uno studio l’incidenza riportata è stata di 4.1/1000 ore di esercizio fisico (Vladutiu et al, 2015).
La lassità dei legamenti e l’aumento dello stress sulle articolazioni e sulla colonna vertebrale, in particolare durante l’esercizio fisico, possono predisporre gli atleti in gravidanza alle distorsioni e a rischio di “sindrome da overtraining“. Per questo si consiglia, alle atlete d’élite, di evitare un intenso esercizio fisico, ed evitare sollevamenti ripetitivi, durante il primo trimestre (Bø et al, 2016 – Part 2).
Nei casi più particolari, come atleti con una storia di parto prematuro, crescita del feto ridotta, aborto spontaneo e altre complicazioni della gravidanza, si consiglia di ridurre l’allenamento a 100 minuti settimanali a intensità bassa oppure interrompere totalmente l’allenamento durante la gravidanza (Hale & Milne, 1996).
Nel settembre 2015, il Comitato Olimpico internazionale ha convocato un comitato consultivo scientifico internazionale per riesaminare le informazioni sull’esercizio in gravidanza, principalmente per quanto riguarda gli atleti ricreativi e d’élite (Bø et al, 2016 – Part 1 & 2).
Il Comitato ha concluso che la forma fisica aerobica, la resistenza e la flessibilità (in assenza di complicanze mediche/ostetriche) può essere mantenuta in gravidanza (Bø et al, 2016 – Part 1 & 2). Quindi queste donne possono partecipare ad attività olimpiche nei limiti della supervisione medica e salute della madre e del bambino.
Donne a rischio di diabete
L’esercizio fisico è da sempre promosso come riduttore del rischio di diabete gestazionale o come parte del regime terapeutico per le persone non gravide con diabete mellito (Artal, 2015).
Infatti oltre ai suoi benefici cardiovascolari, l’esercizio fisico può anche migliorare il controllo glicemico, che deriva in gran parte dall’aumentata sensibilità dei tessuti all’insulina.
L’attività raccomandata è quella a basso impatto, con MET equivalente a 3–5 (Artal, 2015). Per migliorare il controllo glicemico si consiglia di accumulare da 15 a 28 ore di attività settimanale corrispondente a 1-2 MET (Artal, 2015). Questo semplicemente si traduce in “occorre mantenere una vita attiva” (muoversi il più possibile invece di rimanere sdraiati o seduti).
L’esercizio fisico a corpo libero, senza carico, può essere prolungato più a lungo e risulta più efficace nelle donne in gravidanza precedentemente sedentarie o diabetiche.
Attività fisica e ripresa post gravidanza.
Il periodo post parto è un momento opportuno per continuare, migliorare o rafforzare lo stile di vita sano intrapreso durante la gravidanza.
Il regolare esercizio fisico e una dieta sana, condotti dopo il parto, promuovono la perdita di peso, che può migliorare o prevenire molti rischi legati all’obesità, come il diabete mellito e l’ipertensione (Koltyn & Schultes, 1997).
L’esercizio aerobico, ad esempio, è stato associato a una migliore salute cardiovascolare nella nuova mamma, senza influire sulla produzione di latte, sulla composizione o sulla crescita del bambino (Carey & Quinn, 2001). Anche se le donne che allattano dovrebbero, per sicurezza, nutrire i propri bambini prima di compiere attività fisica, per evitare il disagio fisico del seno gonfio. Inoltre dovrebbero assicurarsi un’adeguata idratazione prima e dopo l’attività fisica (per non compromettere la densità del latte).
Le routine di allenamento possono essere riprese gradualmente non appena il corpo si ristabilisce. Indicativamente occorrono circa 6 settimane a seconda della modalità di parto, naturale o cesareo, e alla presenza o meno di complicanze mediche o chirurgiche (Soultanakis et al, 1996). Anche se si consiglia di riprendere gli esercizi del pavimento pelvico nell’immediato periodo postpartum (2-3 settimane dopo).
Le donne/atlete, che sono riuscite a mantenere un buon stato di fitness durante la gravidanza, possono riprendere l’allenamento fisico anche nella settimana successiva al parto, salvo diverse precauzioni mediche (De Ver Dye et al, 2003).
Qualsiasi sia il livello di fitness della donna, la presenza delle seguenti complicazioni mediche ritarda la ripresa di alcune o di tutte le attività fisiche (Evenson et al, 2014):
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Complicazioni mediche (Es. anemia, disturbi cardiorespiratori, tromboembolia),
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Dolore e necessità di analgesia,
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Complicanze chirurgiche e postoperatorie (Es. Nausea/gomito, guarigione anomala della ferita, neuropatia, incontinenza).
Nonostante queste precauzioni, numerose segnalazioni indicano che il livello di partecipazione delle donne ai programmi di esercizi diminuisce dopo il parto, portando spesso a sovrappeso e obesità (Minig et al, 2009).
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Consigli pratici sull’attività fisica post-parto
Settimana 1 a 2 dopo la dimissione:
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Camminata di almeno 10 minuti, continuati, al giorno più volte al giorno,
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Uso delle scale con assistenza a ritmo lento,
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Astinenza temporanea da ogni forma di sollevamento più pesanti del neonato (>5kg) (Riley & Stark, 2012). Soltanto le donne che si sono allenate con regolarità durante il periodo del parto possono concedersi il trasporto di oggetti leggermente più pesanti,
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Iniziare qualche esercizio per il pavimento pelvico (4-6 della scala di Borg – no fatica) prestando attenzione all’integrità della parete addominale (Guttormson et al, 2008),
Settimana 3, 4 e 5:
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Iniziare un programma di allenamento per curare eventuali problemi di lordosi, lombalgia o lassità articolare:
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Inserire esercizi di “inclinazione pelvica” e attivazione addominale: crunch isometrici a terra (attivare l’addome senza movimento), crunch a terra con movimento, crunch inversi facilitati ecc… sono tutti esercizi a basso impatto che si possono compiere. Obiettivo 5-6 ripetizioni senza fatica per progredire fino a 10-12 ripetizioni.
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Esercizi per l’attivazione/mobilitazione lombare e della parte bassa della schiena: alcune posizioni di pilates o yoga (es. saluto al sole facilitato, posizione del gatto o cobra), hip thrust a terra ecc… Obiettivo 5-6 ripetizioni senza fatica per progredire fino a 10-12 ripetizioni.
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Rafforzare i muscoli addominali obliqui: Crunch in rotazione, esercizi di respirazione per il trasverso, Plank laterale ecc… Obiettivo 15-20 ripetizioni per poche serie.
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Esercizi muscolari del pavimento pelvico di Kegel: più volte al giorno, come tollerato.
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Le condizioni della ferita, il grado di lassità della parete addominale e la diastasi del retto dell’addome possono interferire con l’attività fisica e l’esercizio; alcune donne possono beneficiare dell’uso di una cintura addominale durante le prime settimane di esercizio.
Settimana 6 e oltre:
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Le donne che prima e durante la gravidanza erano impegnate in attività fisica possono riprendere lentamente l’uso dei sovraccarichi.
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Dall’8 settimana in poi si può riprendere quasi la totalità dell’attività fisica: si raccomanda a tutti gli adulti di praticare almeno 150 minuti di attività intensità o moderata alla settimana (o circa 30 minuti al giorno) (www.health.gov).
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Per gli atleti avanzati o d’élite, il processo di guarigione delle ferite della parete addominale determinerà i tempi per il ritorno a esercizi più intensi. La fascia addominale riacquista la piena resistenza dopo circa 120 giorni dal parto (Ceydeli et al, 2005). Si consiglia di iniziare l’attività di muscolazione o sollevamento pesi partendo da intensità basse (50-60%). Per poi riprendere la piena attività dopo 3 – 4 mesi dal parto.
CONCLUSIONE
La gravidanza è associata a importanti cambiamenti anatomici e fisiologici nella donna. Nonostante ciò l’esercizio fisico ha dimostrato di migliorare la forma fisica, prevenire il rischio di diabete gestazionale, di preeclampisa, di parto cesario e di obesità materna nelle donne senza complicazioni mediche.
Per questo le donne con gravidanze semplici dovrebbero essere incoraggiate a impegnarsi in attività fisiche prima, durante e dopo la gravidanza.
Chi invece è a rischio di complicazioni mediche o ostetriche dovrebbe valutare attentamente il parere del medico/ginecologo prima di compiere qualsiasi attività fisica.
In ogni caso, in qualsiasi situazione, si consiglia una valutazione clinica approfondita per assicurarsi che il paziente non abbia un motivo medico per evitare l’esercizio. Ricordiamo che l’attività fisica deve essere necessariamente modificata in maniera repentina (settimana dopo settimana) a causa dei normali cambiamenti anatomici e fisiologici e delle esigenze fetali.
Il riposo a letto, sebbene frequentemente prescritto in passato (per la prevenzione della perdita del secondo trimestre, della nascita pretermine e di altre condizioni) è raramente indicato e negli ultimi tempi ha lasciato spazio alla “camminata leggera” giornaliera.
Non tutto però è “rose e fiori”. Infatti esistono diverse complicazioni legate all’esercizio fisico tra cui: la regolazione della temperatura del corpo e dell’ambiente esterno, l’idratazione, il corretto apporto dietetico, gli esercizi da evitare e le posizioni sicure, l’intensità e la durata dell’esercizio, le attività concesse e quelle negate insieme alle relative problematiche che possono sorgere.
Tuttavia il Royal College of Obstetricians and Gynecologists suggerisce che tutte le donne in gravidanza possono compiere, con le dovute modifiche, esercizi aerobici e per il condizionamento della forza come parte di uno stile di vita sano.
Le donne precedentemente sedentarie dovrebbero iniziare con 15 minuti di esercizio continuo tre volte a settimana, aumentando gradualmente la frequenza e la durata a sessioni a 30 minuti da quattro a sette volte a settimana. Mente le donne fisicamente attive dovrebbero mantenere un buon livello di forma fisica durante la gravidanza, senza cercare di raggiungere il loro massimo livello di forma fisica o allenarsi per la competizione sportiva.
Sintesi e raccomandazioni
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Le donne con gravidanze semplici dovrebbero essere incoraggiate a esercitare esercizio fisico come parte di uno stile di vita sano prima, durante e dopo la gravidanza.
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L’esercizio fisico durante la gravidanza presenta rischi minimi e benefici dimostrati per la maggior parte delle donne in gravidanza, incluso il mantenimento o il miglioramento della forma fisica, il controllo dell’aumento di peso gestazionale, la riduzione della lombalgia e possibilmente una riduzione del rischio di sviluppare diabete gestazionale o preeclampsia.
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L’esercizio fisico moderato non è una causa diretta di esiti avversi in gravidanza; tuttavia, le donne in gravidanza possono essere maggiormente a rischio di lesioni alle articolazioni, cadute e traumi addominali significativi durante alcuni tipi di esercizio.
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Alcuni sport dovrebbero essere evitati in gravidanza. Gli sport da contatto e le attività fisiche in cui il rischio di cadute è elevato sono rischiose per il feto a causa di traumi materni. Anche le immersioni subacquee devono essere evitate a causa del potenziale danno fetale.
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Occorre mantenere la donna in gravidanza sempre idratata soprattutto in ambienti caldi. L’ipertermia nelle prime fasi della gravidanza può aumentare il rischio di difetti del tubo neurale.
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Anche l’introito calorico deve essere regolato in base ai costi energetici stimati dell’esercizio fisco (evitando l’ipoglicemia).
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L’intensità, la frequenza e la durata dell’esercizio dipendono da fattori specifici della donna. Per la maggior parte delle donne in gravidanza, in buona salute, si consiglia un’intensità moderata (in grado di svolgere una normale conversazione durante l’esercizio) (sia per l’esercizio aerobico che per l’allenamento della forza) eseguita per 30 minuti al giorno (da 5 a 7 giorni alla settimana).
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Le donne precedentemente sedentarie dovrebbero iniziare con 10-20 minuti di esercizio continuo a bassa intensità tre volte alla settimana, aumentando gradualmente l’intensità, la frequenza e la durata.
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Le donne fisicamente attive (agoniste o atlete) possono svolgere un’attività fisica da moderata a medio-intesa. Dovrebbero sforzarsi di mantenere un buon livello di forma fisica durante la gravidanza senza cercare di migliorare la prestazione.
A cura del Dr. Corrado Galazzo
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