Acido lattico: a cosa serve davvero?
Acido lattico: a cosa serve davvero
Acido lattico: cosa, come e perché?
In questo articolo vedremo l’acido lattico sotto una nuova veste. Non come un metabolita di scarto, ma come un vero e proprio mediatore, utile e funzionale per l’avvio di processi fisiologici specifici per indurre adattamenti precisi.
Cos’è l’acido lattico?
L’acido lattico è un acido con un pH di 3,8 che a pH cellulare fisiologico si ritrova solo nella sua forma anionica (La-) e non nella sua forma dissociata (HLa).
Viene prodotto con la trasformazione del piruvato, grazie ad un enzima la lattato deidrogenasi, a lattato e con la contemporanea ossidazione del NADH a NAD.
Uno dei luoghi comuni che lascia spazio a fraintendimenti è quello che l’acido lattico sia la causa della sensazione di affaticamento cellulare.
FALSO
L’acido lattico, al contrario, è fondamentale per la produzione di energia. Può rientrare nel ciclo di Krebs e ciascuna molecola di lattato può produrre 15 molecole di ATP.
Ma come fa?
Il lattato può essere ossidato a piruvato e quest’ultimo in Acetil-CoA per rientrare nel Ciclo di Krebs.
In questo momento abbiamo utilizzato indistintamente la parola acido lattico e lattato, ma essi rappresentano due molecole chimicamente differenti. La prima molecola è quella che ritroviamo nelle fibre muscolari è ha formula chimica C3H6O3. Al contrario la seconda è presente nel sangue ed ha formula chimica C3H5O3 + H⁺.
Sicuri che sia l’acido lattico la causa della sensazione di affaticamento durante esercizio fisico?
Secondo la lactic acid hypothesis, l’acido lattico sarebbe la causa della sensazione di affaticamento muscolare e cali di forza fisica (strength). Si tentò di dare forza a questa teoria, proprio come testimonia la ricerca del 1976 di Fitts e Holloszy.
Non sembra però essere vero! Scopriamo perché.
Da una ricerca del 2002 emerge come le attività ad alta intensità portino all’utilizzo di fosfocreatina (PCr) e siano quelle responsabili di un aumento delle concentrazioni di fosfato inorganico, coinvolto nella sensazione di affaticamento (Houston 2008; Westerblad, Allen, Lännergren 2002).
In tal senso parrebbe pertanto che la fatica muscolare siano causata da 3 eventi:
- Una diminuzione delle concentrazioni di PCr;
- Un aumento delle concentrazioni di Pi;
- Un aumento delle concentrazioni di ADP cellulare.
L’accumulo di acido lattico intracellulare e la produzione ormonale
Si è pensato per diverso tempo che l’aumentare dell’acido lattico nella fibra muscolare potesse compromettere il rilascio di ioni calcio dal reticolo sarcoplasmatico e di conseguenze inficiare la contrazione muscolare.
Oggi parrebbe non essere più così, ma piuttosto una vera e propria molecola energetica utilizzata per la segnalazione ormonale e gli adattamenti specifici che si verificano a seguito di allenamenti lattacidi. In particolar modo sembra che la produzione e l’accumulo di acido lattico sia in grado di aumentare la produzione di GH, l’ormone della crescita (Godfrey et al. 2003).
L’acido lattico sembra aumentare fino a 40 mmol/L nelle fibre muscolari e fino a 25 mmol/L nel plasma sanguigno (Cairns 2006) a seguito di esercizio fisico intenso.
Acido Lattico e l’aumento della prestazione
Esercizi principalmente lattacidi sono in grado di creare adattamenti specifici nel tempo e tra questi vi è la maggior capacità da parte delle cellule muscolari di tollerare aumenti nell’accumulo di acido lattico. Come però abbiamo appena detto, l’acido lattico non sembra la causa della sensazione di fatica durante l’allenamento e, al contrario sembra in grado di innescare una serie di eventi fisiologici utili per aumentare la performance.
Tra questi troviamo:
- Maggior rilascio di ossigeno dall’emoglobina per garantirlo alle fibre muscolari;
- Aumento della ventilazione;
- Aumento del sangue a livello muscolare;
- Stimolazione del sistema nervoso centrale.
Lo shuttle del lattato o sistema navetta: cos’è?
Parlare di acido lattico e lattato quali molecole utili per produrre energia lascia un po’ perplessi, soprattutto i tecnici che sono cresciuti nella cultura che questo prodotto fosse la causa dell’affaticamento e in alcuni casi l’imputato speciale per i dolori del giorno dopo un allenamento, anche questo risulta completamente fallace!
Il sistema navetta del lattato è il meccanismo fisiologico che spiega come il lattato possa essere utilizzato dalle cellule per la produzione di energia. In caso di aumento della glicolisi, la produzione di lattato che ne risulta al termine del processo verrà secreto da una cellula muscolare nell’ambiente extracellulare.
A questo punto altre cellule vicine, per mantenere un equilibrio acido-base e garantire la produzione di energia possono decidere di far rientrare il lattato nelle cellule ricche di mitocondri per ossidarlo a piruvato e successivamente ad Acetil-CoA.
Questo permetterà il processo descritto all’inizio del presente articolo, dove l’acido lattico diventa una molecola utile per la produzione di energia.
Ma come fa l’acido lattico ad essere captato dalle cellule vicine e a fuoriuscire dalla cellula?
Lo studio del metabolismo del lattato ha fatto sì che si scoprissero dei trasportatori chiamati trasportatori dei monocarbossilati o MCT (monocarboxylate transporter). Alla stessa stregua di alti trasportatori, sono state identificate diverse isoforme, classificate con dei numeri. I più rappresentativi sono gli MCT-1, presente soprattutto nelle fibre ossidative o fibre tipo I e gli MCT-4, maggiormente presente nelle fibre bianche glicolitiche o fibre II.
Il quantitativo di MCT-4 sembra correlato con i diversi indici del metabolismo anaerobico, al contrario degli MCT-1, coinvolti nella captazione del lattato dal torrente ematico (Bonen 2000; Bonen 2001).
Acido lattico e suo smaltimento: utilità metabolica
L’acido lattico prodotto e riversato nel sangue sotto forma di lattato viene in parte smaltito dall’apparato cardio-circolatorio con la respirazione e una parte utilizzato dalle cellule miocardiche per la produzione di energia. Una piccola parte smaltita dai reni e una buona percentuale verrà utilizzata dal fegato e in minor quantità dai reni per essere riconvertita in glucosio, attraverso il Ciclo di Cori.
In pratica dall’acido lattico si può generare nuovo glucosio!
Oltre a tutti gli effetti metabolici che abbiamo esaminato, la possibilità di rientrare nella neoglucogenesi fa pensare che questa molecola sia davvero al centro di una serie di processi importanti e comprenderli ci permetterebbe di avere una visione più ampia degli adattamenti specifici dell’esercizio fisico.
Acido Lattico e DOMS: causa-effetto?
Per molti anni si è pensato che l’acido lattico fosse la causa degli indolenzimenti percepiti il giorno successivo un allenamento. Questa convinzione è ancora radicata in alcuni addetti ai lavori della vecchia guardia e spesso si sente ancora dire che l’acido lattico prodotto durante l’allenamento non sia stato smaltito neppure a distanza di 48 ore dalla seduta di allenamento.
Oggi si sa che la sensazione di dolore e indolenzimento muscolare non è causata dall’acido lattico!
L’acido lattico infatti tende a ritornare ai valori basali dopo circa 1 ora-1 ora e mezza dal termine dell’esercizio, valore questo modificabile lievemente in base alla tipologia di recupero intrapresa.
Ciò che resta il giorno dopo l’allenamento sono delle microlacerazioni proteiche a livello del tessuto muscolare che innescano un meccanismo di angioflogosi, cioè un’infiammazione acuta che porta ad un aumento del liquido extracellulare e al richiamo di globuli bianchi per arginare il danno ed impedire infezioni.
I DOMS possono permanere per 24-96 ore dal termine dell’esercizio, in base all’intensità e al tonnellaggio intrapreso.
Acido Lattico e suo smaltimento: quale recupero intraprendere?
Esistono fondamentalmente due grandi tipologie di recupero: attivo e passivo.
Il recupero passivo è la forma di recupero più comune in palestra. Il soggetto in altre parole si fermerà un certo tempo prima di riprendere l’esercizio. Il classico minuto di recupero in cui guardiamo il cronometro, ma non siamo impegnati in altri esercizi nel frattempo!
Il recupero attivo invece è il proseguimento dell’attività, utilizzando un esercizio “defaticante”, modulando le intensità per permettere al corpo di smaltire più rapidamente l’acido lattico. Avete letto bene! Il recupero attivo smaltisce più rapidamente l’acido lattico rispetto a quanto possa fare il recupero passivo.
Quindi è migliore il recupero attivo del recupero passivo? Come sempre la risposta è: DIPENDE!
Se il vostro scopo è allenare il corpo a sopportare quantitativi più elevati di acido lattico nei muscoli il recupero attivo è sconsigliato e sarebbe più consono utilizzare una forma di recupero passiva. Al contrario, se il vostro obiettivo è allenare il corpo a durare il più a lungo possibile con una miglior capacità nello smaltire l’acido lattico, allora converrebbe utilizzare un recupero attivo!
Ricordiamo sempre che l’obiettivo dell’allenamento veicola la scelta dell’allenatore di utilizzare una forma di recupero rispetto ad un’altra.
A cura del Dottor Giulio Merlini
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BIBLIOGRAFIA – REFERENCES:
- Bonen A (2000). Lactate transporters (MCT proteins) in heart and skeletal muscles.
- Bonen A (2001). The expression of lactate transporters (MCT1 and MCT4) in heart and muscle, Eur J Appl Physiol; 86(1): 6-11.
- Cairns SP (2006). Lactic Acid and Exercise Performance, Sports Med; 36(4): 279-291.
- Fitts RH, Holloszy JO (1976). Lactate and contractile force in frog muscle during development of fatigue and recovery, Am J Physiol; 231: 430-433.
- Godfrey RJ et al. (2003). The Exercise-Induced Growth Hormone Response in Athletes, Sports Med; 33(8):599-613.
- Houston ME (2008). Fondamenti di Biochimica dell’Esercizio Fisico.
- Westerblad H, Allen DG, Lännergren J (2002). Muscle fatigue: lactic acid or inorganic phosphate the major cause?, News Physiol Sci; 17: 17-21.
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