Allenamento con i sovraccarichi e infortuni
Anche se alcune ricerche mostrano come il rischio di incorrere in infortunio nell’allenamento con i sovraccarichi sia ridotto, tale eventualità si può presentare a causa di errati comportamenti da parte dell’atleta (Scott & Winter 1991).
La mancanza di un adeguato riscaldamento, gli scompensi muscolari, l’errato utilizzo di attrezzatura di supporto, gli errori tecnici e gli errori di programmazione possono portare all’eccessivo sovraccarico strutturale delle principali articolazioni coinvolte.
Schiena, spalle e ginocchia sono da sempre al centro di questo problema. Ma quali sono le principali problematiche? E come possiamo affrontarle?
Allenamento con i sovraccarichi e infortuni
Problematiche relative alla schiena
La caratteristica strutturale principale dell’essere umano è la colonna vertebrale. È proprio grazie ad essa che riusciamo muoverci in stazione eretta, ma questo vantaggio evolutivo talvolta può portare a delle conseguenze difficilmente gestibili.
Infatti la locomozione in stazione eretta è accompagnata da forze di compressione sui dischi intervertebrali. Queste forze “negative” si presentano in ogni azione che compiamo poiché gli arti inferiori per trasmettere forza devono necessariamente prevedere l’utilizzo dei muscoli della schiena e del tronco.
Gli elementi più instabili, e soggetti a risvolti negativi, sono le vertebre (impilate una sopra l’altra e separate da dischi cartilaginei). Infatti dall’85 al 95% degli infortuni causati da protrusioni intervertebrali si verificano a livello delle vertebre lombari inferiori (L4-L5 o L5-S1) (Chaffin et al 2006).
Questo avviene perchè l’ultima parte della colonna ha un rapporto “flessibilità/rigidità” piuttosto sfavorevole, per questo è soggetta a maggiori forze di compressione e/o rotazione. Inoltre i muscoli della schiena lavorano con un forte svantaggio meccanico. La leva generata tra il punto di applicazione della forza dei muscoli lombari e il punto di applicazione della forza del sovraccarico strutturale è svantaggiosa. Questo fa sì che i muscoli della schiena debbano generare una forza di circa 10 volte maggiore del sovraccarico applicato, con conseguente compressione dei dischi intervertebrali.
Sembrerà un’affermazione banale ma per ridurre le forze di compressione la posizione che prevede la “schiena piatta” risulta nettamente migliore rispetto a quella che prevede la schiena curva o inarcata (Anderson & Chaffin 1986). In quanto la schiena curva aumenta lo schiacciamento della parte anteriore dei corpi vertebrali mentre, al contrario, la schiena troppo inarcata produce una compressione nella porzione posteriore dei dischi. Il giusto compromesso per una normale trasmissione delle forze prevede un certo grado di neutralità della zona lombare durante i sollevamenti.
Per limitare/tutelarsi dalle le problematiche relative alle forze di compressione sulla colonna spesso si ricorre a metodi di pressione intra-addominale come le cinture da sollevamento pesi. Compattando i muscoli della regione addominale e lombare (diaframma e muscolatura profonda del tronco) possiamo generare una pressione all’interno della cavità addominale che aiuta a sostenere la colonna durante gli esercizi più impegnativi (Pandy & Andriacchi 2010).
La manovra di Valsalva nelle problematiche lombari
La manovra di Valsalva aiuta la gestione di questo processo. Essa prevede: glottide chiusa, aria trattenuta all’interno dei polmoni con un importante aiuto del muscolo diaframma, muscoli addominali e lombari attivi.
Attenzione! Le cinture da sollevamento pesi aumentano la pressione intra-addominale e anche la sicurezza nel sollevare i pesi (Lander et al. 1992), ma il loro uso eccessivo (ovvero l’utilizzo in tutti gli esercizi e con qualsiasi carico) può limitare lo sviluppo ottimale dei muscoli addominali che producono pressione intra-addominale (Kingma et al. 2006).
Gli individui che sono abituati costantemente a indossare la cintura vanno incontro a un rischio elevato di lesioni poiché la muscolatura addominale non è in grado di generare sufficiente pressione intra-addominale. Per questo è consigliato evitare di utilizzare la cintura negli esercizi con carichi leggeri, riservandone l’uso quando si supera l’80% di 1RM.
Problematiche relative alle spalle
L’articolazione della spalla è l’articolazione con più gradi di movimento di tutto il corpo umano (Labriola et al. 2005). È così mobile che la testa dell’omero può uscire e rientrare all’interno della cavità glenoidea senza compromettere il movimento in modo permanente e senza creare problematiche durature e limitanti nel tempo (Gray & Goss 1974).
Questa estrema mobilità, però, la rende molto vulnerabile e soggetta a infortunio. L’ampio grado di movimento e la sua struttura fanno sì che i muscoli siano soggetti a sfregamento. Questo potrebbe provocare infiammazioni, degenerazioni dei tessuti, rigonfiamenti muscolari e addirittura lesioni date da overuse.
Dato che la stabilità della spalla dipende quasi esclusivamente dal cercine glenoideo, dal liquido sinoviale prodotto, dai legamenti e dai muscoli interessati (Millett et al. 2006), per evitare problemi è consigliabile riscaldare bene i muscoli della stessa prima di ogni allenamento.
I muscoli della cuffia dei rotatori (sovraspinato, infraspinato, sottoscapolare e piccolo rotondo) sono particolarmente importanti per la stabilità della spalla (Chaffin et al. 1992).
Problematiche relative al ginocchio
Il ginocchio è un’articolazione semi-mobile caratterizzata da movimenti di flessione ed estensione sul piano sagittale, e rotazione sul piano frontale e trasversale. È importante definire come tutti i componenti del ginocchio (rotula, legamenti, tendini e tessuti circostanti) siano suscettibili a forze di taglio date dai vari movimenti (Prentice 2004).
L’eccessivo utilizzo dell’articolazione del ginocchio (come negli quegli sport dove la corsa è una delle componenti principali) mette a dura prova l’integralità del tendine rotuleo. Esso, insieme alla rotula, è il principale mezzo utile per mantenere il tendine del quadricipite lontano dall’asse di rotazione del ginocchio, ma è anche il tendine più fortemente sollecitato in caso di disparità di tensioni muscolari (quadricipiti più forte dei femorali).
Lo squilibrio tra i vari muscoli della coscia è ritenuto essere la prima causa di infortuni nel ginocchio. Lo squilibrio è soprattutto tra quadricipiti e hamstring (con i muscoli posteriori della coscia spesso più deboli rispetto agli antagonisti). Altri infortuni sono dovuti all’eccessiva pratica negli esercizi pliometrici o al volume di allenamento eccessivo dedicato alla parte inferiore del corpo in un’unica seduta.
CONCLUSIONI
I movimenti tipici di uno sport dovrebbero essere analizzati sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Questo permetterebbe di determinare quali sono i movimenti più a rischio per l’intero corpo.
Una volta analizzate e riconosciute le problematiche e i movimenti più “nocivi” si dovrebbe creare un programma di allenamento con i sovraccarichi che enfatizzi i movimenti simili delle articolazioni coinvolte. Questo è importante per replicare un gesto atletico in situazioni controllate ed “adattare” il corpo a compiere quel gesto anche sotto carico (così da ridurre le possibilità di infortunio).
È importante tenere in considerazione anche la velocità specifica dello sport in questione. Se uno sport prevede una rapida applicazione della forza allora si dovrebbe creare un programma di miglioramento/prevenzione che preveda esercizi a bassi carichi e alta velocità (Bruce-Low & Smith 2007).
A cura del Dr. Samuele Cravanzola e del Dr. Corrado Galazzo
REFERENZE IMMAGINI:
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BIBLIOGRAFIA – REFERENCES:
1. Anderson CK & Chaffin DB (1986). A biomechanical evaluation of five lifting techniques. Applied ergonomics, 17(1), 2-8.
2. Bruce-Low S & Smith D (2007). Explosive exercises in sports training: a critical review. Journal of Exercise Physiology Online, 10(1).
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4. Chaffin DB et al (1992). Occupational Biomechanics. John Wiley and Sons publisher. New York, 65-130.
5. Gray H & Goss CM (1974). Anatomy of the human body. American Journal of Physical Medicine & Rehabilitation, 53(6), 293.
6. Kingma I et al (2006). Effect of a stiff lifting belt on spine compression during lifting. Spine, 31(22), E833-E839.
7. Lander J et al (1992). The effectiveness of weight-beltsduring multiple repetitions of the squat exercise. Medicine & Science in Sports & Exercise, 24(5), 603-609.
8. Labriola JE et al (2005). Stability and instability of the glenohumeral joint: the role of shoulder muscles. Journal of shoulder and elbow surgery, 14(1), S32-S38.
9. Millett PJ et al (2006). Recurrent posterior shoulder instability. JAAOS-Journal of the American Academy of Orthopaedic Surgeons, 14(8), 464-476.
10. Pandy MG & Andriacchi TP (2010). Muscle and joint function in human locomotion. Annual review of biomedical engineering, 12, 401-433.
11. Prentice WE (2004). Rehabilitation techniques for sports medicine and athletic training.
12. Scott SH & Winter DA (1991). A comparison of three muscle pennation assumptions and their effect on isometric and isotonic force. Journal of biomechanics, 24(2), 163-167.
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