Che cos’è la fibrillazione atriale?
La fibrillazione atriale rappresenta una forma di aritmia cardiaca caratterizzata da perdita di sistole (contrazione) atriale comportando alterazioni del ritmo cardiaco.
Essa viene diagnosticata mediante un elettrocardiogramma (ECG) a seguito di episodi di frequenza cardiaca irregolare. Nonostante le prime manifestazioni siano sporadiche, di breve durata ed intensità, queste aumenteranno nel corso del tempo.
Non è raro infatti che pazienti soggetti a fibrillazione atriale lamentino ridotta qualità della vita, scarsa tolleranza all’esercizio fisico e palpitazioni. Questa condizione non solo incrementerà nel tempo, ma è associata a insufficienza cardiaca, ictus, morte improvvisa.
I meccanismi fisiologici della fibrillazione atriale
Come già detto in precedenza, la fibrillazione atriale è una patologia cardicaca che si sviluppa a seguito di alterazioni cellulari a livello elettro-fisiologico, del tessuto atriale e del sistema nervoso autonomo.
L’insorgenza della fibrillazione atriale è legata a un insieme di meccanismi fisiologici che sinergicamente scatenano il fenomeno per poi far si che si ripeta e mantenga nel tempo.
Il cuore presenta innervazioni del sistema nervoso autonomo (SNA) sia internamente che esternamente, ed entrambe cooperano affinchè il cuore possa svolgere la propria funzione. La presenza di un’alterata innervazione del cuore da parte del SNA puo’ comportare l’iniziazione dell’evento patologico.
Un altro meccanismo proposto dalla ricerca ha luogo a livello cellulare. In questo contesto nei miociti si verificano anomalie rispetto le tempistiche di polarizzazione cellulare. In particulare, si hanno episodi di polarizzazione anticipata e polarizzazione ritardata.
Dal momento che si tratta di una tematica molto complessa, ci limiteremo a dire che anomalie intracellulari del rilascio spontaneo degli ioni Ca2+ dal reticolo sarcoplasmatico nel citosol sono alla base della patogenesi della fibrillazione atriale (Dobrev & Wehrens, 2017).
Diffusione dell’aritmia atriale
L’aritmia atriale (atrial fibrillation, AF) consta di un’ampia diffusione a livello mondiale. In particolare, con elevata incidenza e prevalenza nei paesi industrializzati. Nel 2010 sono infatti stati riportati oltre 30 milioni di soggetti affetti da questa condizione cardiaca nel mondo (Kirchhof et al., 2016).
Nel continente europeo si stima che il 25% della popolazione presenti aritmia atriale e che questo numero aumenterà nel corso del tempo. Inoltre, soggetti con eta’ superiore ai 40 anni hanno maggiore probabilita’ di contrarre la fibrillazione atriale.
Sviluppo e diffusione della fibrillazione atriale risultano maggiori in coloro che presentano obesità, insufficienza cardiaca, coronopatie, apnea notturna, ipertensione e diabete (Kirchhof et al., 2016). Tuttavia, parrebbe che un ulteriore fattore di rischio legato allo sviluppo della fibrillazione atriale sia intraprendere attività fisica di endurance in modo cronico (Reed et al., 2013).
L’attività sportiva di endurance rientra tra i fattori di rischio per lo sviluppo dell’aritmia atriale. Vari studi han riportato una maggiore prevalenza della patologia cardiaca in atleti di endurance rispetto alla popolazione generale. Ad esempio, alcuni studiosi han proposto un threshold di 1500-2000 ore di allenamento nel corso della vita come possibile fattore scatenante la fibrillazione atriale (Wilhelm, 2014; Guasch, Mont & Sitges, 2018).
Questo risulterebbe da adattamenti indotti dall’attività fisica di endurance praticata con certi volumi ed intensità.
Fattori di rischio per lo sviluppo della fibrillazione atriale
Diversi fattori di rischio possono sfociare nello sviluppo della fibrillazione atriale. L’invecchiamento è uno dei principali ed è “probabilmente mediante perdita ed isolamento eta’-dipendente del miocardio atriale ed associate alterazioni di conduzione”.
La fibrillazione atriale ha maggiori probabilita’ di insorgenza in soggetti in sovrappeso. Infatti, il rischio di sviluppo della fibrillazione atriale aumenta del 5% per ogni aumento di indice di massa corporea (BMI) pari a 1kg per metro quadro (Miller et al., 2015).
Un altro fattore di rischio è la quantita’ di fat mass totale. La letteratura scientifica ha riportato come l’obesità comporti “ingrossamento e fibrosi dell’atrio destro, infiammazione, infiltrazione di lipidi e alterazioni delle proprietà elettrofisiologiche dell’atrio.” Questo anche dovuto ad un aumento del tessuto adiposo a livello del pericardio (Miller et al., 2015). L’ipertensione si aggiunge alla lista dei fattori di rischio per lo sviluppo della fibrillazione atriale.
Similmente, il diabete implicherebbe un rischio piuttosto elevato di sviluppo della patologia: 40% negli uomini e 60% nelle donne. L’associazione diabete-fibrillazione atriale sembrerebbe verificarsi per via di alterazioni dell’attività cardiaca dovuta ad ipereccitabilità del sistema nervoso autonomo (Miller et al, 2015).
Esercizio fisico e fibrillazione atriale
È possibile migliorare la qualità della vita di quanti soffrono di fibrillazione atriale?
Sembrerebbe di si. Ancora una volta l’esercizio fisico è una strategia adottabile non solo per alleviare i sintomi ma anche per ridurre l’incidenza di comorbilità associate a fibrillazione atriale. Ad esempio, 12 settimane di allenamento aerobico consentono di migliorare la funzione atriale e ventricolare, concentrazioni lipidiche e ridurre i sintomi di questa cardiopatia.
Inoltre, la ricerca ha riportato come l’esercizio fisico regolare induca adattamenti fisiologici tali da ridurre la sensibilità dei recettori beta, consentendo dunque una riduzione della frequenza cardiaca a riposo (Chacon-Mikahil et al.,1998).
Come produrre una riduzione della frequenza cardiaca con l’allenamento?
Da un lato la comunità scientifica attribuisce questo adattamento ad “alterazioni nella modulazione simpatico-vagale efferente”, (dominanza parasimpatica su quella simpatica) (Goldsmith et al.,) con o senza superiore attività vagale (Ekblom, Kilbom, & Soltysiak, 1973). Dall’altro c’è chi sostiene che l’adattamento avvenga per via di “variazioni intrinseche al nodo seno atriale” (Catai et al., 2002)
Purtroppo, molti pazienti abbandonano l’attività fisica col timore di intensificare frequenza e sintomatologia della fibrillazione atriale. Questo tipo di atteggiamento non fa altro che consolidare uno stile di vita sedentario con conseguenti perdita di capacita’ aerobica, massa e forza muscolare.
Atleta di endurance e fibrillazione atriale: esiste una correlazione?
La pratica costante di attività di endurance con certi volumi ed intensità pare promuovere lo sviluppo di aritmie. La ricerca ha dimostrato come a livello cardiaco si verifichino processi di rimodellamento che in particolare interessano atrio e ventricolo destro.
Come si verifica tutto questo?
L’allenamento aerobico induce incrementi nelle dimensioni delle quattro cavità cardiache. In particolare, il rimodellamento più accentuato interessa gli atrii. Dal momento che le pareti atriali sono più sottili di quelle ventricolari, lo stress cui sono sottoposte a causa della pressione polmonare e sanguigna ne determina dilatazione e stiramento (Wilhelm, 2014; Guasch, Mont & Sitges, 2018).
Ma non solo. Il rimodellamento atriale indotto dall’allenamento di endurance eccessivo può comportare lo sviluppo di infiammazione cronica, stress-ossidativo e fibrosi atriale (Wilhelm, 2014; Guasch, Mont & Sitges, 2018). Questi fattori sembrano essere determinanti per l’insorgenza della fibrillazione atriale negli atleti di endurance, in particolare nei maratoneti.
Nonostante gli aspetti citati in precedenza rivestano un ruolo decisivo nello sviluppo della fibrillazione atriale, la loro combinazione con altri meccanismi sembrerebbe meglio spiegare il fenomeno in questione.
Ad esempio, alcune ricerche sostengono che l’alterazione del sistema elettrico del cuore causerebbe una contrazione atriale prematura (extra-sistole).
Un altro meccanismo ha come protagonista il sistema nervoso autonomo. Alcuni studi han riportato come “l’aumento del tono vagale accorci ed aumenti la dispersione del periodo refrattario atriale, inducendo condizioni di rientro” oltre a favorire l’ipereccitabilità del miocardio. La “condizione di rientro” puo’ essere definita come un’anomalia del ritmo cardiaco durante la quale il potenziale d’azione si propaga in circolo (Elliot et al., 2016).
Take home message
Intensità, durata, frequenza e sintomatologia della fibrillazione atriale sono migliorabili nella popolazione generale. Ciò è possibile mediante l’associazione di esercizio fisico regolare di bassa-moderata intensità e dieta ipocalorica che comporteranno una riduzione del BMI del soggetto (Miller et al., 2015). Inoltre, la combinazione di alimentazione sana e attività fisica rappresenta un ottimo connubio per ridurre l’incidenza della fibrillazione atriale stessa.
Per quanto riguarda atleti di endurance e insorgenza della fibrillazione atriale i vari meccanismi fisiologici implicati necessitano di ulteriori delucidazioni. Per certo grandi volumi di allenamento aerobico sono correlati allo sviluppo della condizione. La riduzione dei volumi e delle intensità di allenamento potrebbe essere una strategia adeguata per questa condizione cardiaca (Wilhelm, 2014).
Inoltre, la letteratura riporta altre modalità di intervento, come la prescrizione di medicinali antiaritmici di classe I e III, i bloccanti del recettore per l’angiotensina o l’ablazione circonferenziale della vena polmonare (Wilhelm, 2014).
Ad ogni modo ogni forma di intervento deve essere attentamente valutata da personale medico qualificato.
A cura della Dr.essa Michela Giacosa
DISCLAIMER: le presenti informazioni sono puramente informative e non intendono in alcun modo sostituirsi a personale medico abilitato.
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