Fruttosio: Pro e Contro, guida all’utilizzo
Fruttosio: pro e contro – lo zucchero della frutta
Tutti abbiamo sentito nominare il fruttosio tra i tanti dolcificanti sul mercato. Può essere considerato analogo al più comune saccarosio?
Cominciamo col dire che, pur mostrando un’assonanza, non si tratta di prodotti equivalenti tra loro. Vediamo perché il fruttosio è differente.
Che cos’è il fruttosio?
Il fruttosio è un monosaccaride, noto anche con il nome di levulosio per la sua caratteristica di essere levogiro, cioè che devia verso sinistra il piano della luce polarizzata. L’industria alimentare lo utilizza fin dagli anni ’70 del secolo scorso con la produzione dello sciroppo di mais (Bidwell 2017).
Il fruttosio in sé presenta un indice glicemico più basso del tradizionale “zucchero da cucina” e risulta maggiormente adatto per coloro i quali sono diabetici.
In natura si trova soprattutto nella frutta (da cui prende il nome) e, in quantità minore, nei vegetali.
Può essere una soluzione contro l’accumulo di grasso corporeo? Non proprio.
In una ricerca del 2011 è stato messo in luce come, nonostante la forte diminuzione del consumo di zuccheri aggiunti da parte della popolazione tra il 1999 e il 2008, l’obesità ha continuato a crescere.
Una delle possibili cause è proprio la sostituzione dello zucchero da cucina con zuccheri alternativi. Infatti è stato ipotizzato che l’utilizzo del levulosio aumenti l’acido urico e possa predisporre al diabete mellito di tipo 2 (Sun, Empie 2012). Precisiamo: il fruttosio di cui stiamo parlando è inteso come zucchero isolato e non quello contenuto nella frutta.
Le cellule dell’intestino (gli enterociti), riescono a convertire il fruttosio in trigliceridi aumentando le concentrazioni intracellulari dell’apoproteina B48 con un innalzamento della lipogenesi (=creazione di nuovo grasso) e un maggior rischio di aterosclerosi.
Così, soprattutto dal punto di vista epatico, il fruttosio sembra aumentare la sintesi di trigliceridi portando allo sviluppo della NAFLD, la Non Alcoholic Fatty Liver Disease, cioè la steatosi epatica non alcolica. Questa patologia comprende diversi quadri clinici: dalla classica steatosi epatica, o fegato grasso, fino alla steatoepatite non alcolica, o NASH, fino ad arrivare alla cirrosi, cioè la necrosi delle cellule del fegato.
Metabolismo del fruttosio ed effetti metabolici
Una volta in circolo, il fruttosio entrerà nel fegato grazie ai GLUT-2 e sarà rapidamente convertito in fruttosio-1-fosfato grazie ad una fruttokinasi. Dopo essere convertito in trioso-fosfati potrà dare origine al piruvato oppure all’anidride carbonica e acqua nel ciclo dell’acido citrico. Ancora può essere convertito in lattato e rilasciato nel sangue. Le vie metaboliche del fruttosio garantiranno anche un afflusso nel processo neoglucogenico e potrebbe essere stoccato sotto forma di glicogeno.
L’aumento di ATP e citrato abbasserà l’espressione dell’enzima PFK, o fosfofruttochinasi.
L’assunzione di alte dosi di levulosio può portare come effetti metabolici a insulino-resistenza, infiammazione e depositi di grasso. Attenzione però all’interpretare correttamente ciò che è stato scritto. Piccole dosi di fruttosio non favoriscono l’evoluzione di questo quadro catastrofico: parliamo, come sempre, di alti dosaggi.
In generale, è bene ridurre al minimo il quantitativo di zuccheri semplici nella giornata e non dovrebbero mai superare il 10-15% del quantitativo di carboidrati totali introdotti nella nostra dieta. Ad oggi, gli Americani consumano ogni giorno circa 94 g di zucchero, soglia piuttosto elevata (Bidwell 2017). Si pensa che oltre i 20-30 grammi di zucchero semplice al giorno si manifestino degli effetti indesiderati che portano ad insulino-resistenza. Lo stesso discorso è valido per il fruttosio: dosaggi oltre i 20 grammi sono sconsigliati e con 40 grammi o più si possono manifestare effetti indesiderati a livello gastro-intestinale.
Il fruttosio ha la capacità, una volta fosforilato, di entrare nel metabolismo intermedio. Questo zucchero viene utilizzato principalmente dal fegato e dai reni dove, per consumo di ATP, si trasforma in fruttosio-1-fosfato. Da questo intermedio, per opera della B-aldolasi, ci sarà la formazione di di-idrossi-acetone-fosfato e gliceraldeide.
Fruttosio e dosaggi giornalieri
L’ingestione di oltre 20 g di fruttosio può portare così al malassorbimento intestinale, al contrario del comune zucchero: infatti, prima che questo provochi un malassorbimento, si dovrebbero superare i 50 grammi.
Da questo punto di vista, sembra che il fruttosio non sia particolarmente adatto per il nostro metabolismo e anzi, il suo consumo sarebbe da limitare. L’assorbimento del fruttosio sembra inoltre esser favorito dalla co-ingestione di glucosio, che ne aumenta così la tolleranza. Inoltre, il fruttosio sembra essere utilizzato principalmente dal fegato piuttosto che dai tessuti periferici. Il glucosio, al contrario, è metabolizzato anche negli altri tessuti, ma differisce nella velocità di ossidazione, più rapida nel caso del fruttosio.
Ricordiamo che un aumentato consumo di fruttosio aumenta la lipogenesi epatica e riduce le scorte di ATP cellulare.
Fruttosio, esercizio fisico e sintesi di glicogeno
Dopo circa due ore dal termine di un esercizio fisico la sintesi di glicogeno muscolare aumenta.
Dopo aver assunto del fruttosio si è riscontrata una maggior sintesi di glicogeno epatico, rispetto alla somministrazione di glucosio (Nilsson, Hultman 1974).
Una ricerca del 2008 ha dimostrato come, durante il post-esercizio, la resintesi di glicogeno muscolare fosse equivalente sia con l’introduzione di glucosio sia con un mix glucosio/fruttosio (con un rapporto di 2:1).
Conclusioni finali
Il fruttosio presente normalmente nella frutta può essere assunto con sicurezza, al contrario del fruttosio isolato utilizzato come edulcorante.
Gli effetti metabolici di questo dolcificante, dimostrano come non sia la scelta migliore dal punto di vista nutrizionale, nonostante il suo decantato basso indice glicemico. Ricordiamo però che lo zucchero è pur sempre zucchero e il suo consumo va moderato. Inoltre l’impossibilità di utilizzo del levulosio da parte dei tessuti periferici quali i muscoli e la sua quasi esclusiva metabolizzazione epatica, fa pensare che il dosaggio vada ancora più controllato rispetto allo zucchero tradizionale.
A cura del Dottor Giulio Merlini
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BIBLIOGRAFIA – REFERENCES:
- Bidwell AJ (2017). Chronic Fructose Ingestion as a Major Health Concern: Is a Sedentary Lifestyle Making It Worse? A Review, Nutrients; 9(6): 549.
- Blom PC et al. (1987). Effect of different post-exercise sugar diets on the rate of muscle glycogen synthesis, Med Sci Sports Exerc; 19(5): 491-496.
- Nilsson LH, Hultman E (1974). Liver and muscle glycogen in man after glucose and fructose infusion, Scan J Clin Lab Invest; 33(1): 5-10.
- Sun SZ, Empie MW (2012). Fructose metabolism in humans – what isotopic tracer studies tell us, Nutr Metab; 9:89.
- Wallis GA et al. (2008). Postexercise muscle glycogen synthesis with combined glucose and fructose ingestion, Med Sci Sports Exerc; 40(10): 1789-1794.
- Welsh JA et al.(2011). Consumption of added sugars is decreasing in the United States, Am J Clin Nutr. 2011;94:726–734. doi: 10.3945/ajcn.111.018366.
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