Il diabete mellito: che cos’è
Il diabete mellito è una patologia che nel 2016 risulta colpire più di 3 milioni di persone solamente in Italia.
In particolare, secondo l’ISTAT è presente nel 5,3% della nostra popolazione. Inoltre, a seconda della fascia di età la percentuale si alza ad un 16,5% per le persone otre i 65 anni.
In Italia il diabete è maggiormente diffuso nelle regioni di Mezzogiorno dove sedentarietà e obesità rappresentano terreno fertile per lo sviluppo della malattia. Infatti, si stima che circa un 64% dei diabetici sia sedentario e circa il 26% sia obeso.
Diabete mellito: che cos’è
Il diabete mellito è una malattia che vede un’alterazione del metabolismo glucidico e una modificazione della produzione di insulina da parte del pancreas.
Questa patologia è influenzata sicuramente dagli stili di vita, ma anche da una componente genetica. Infatti, ha delle caratteristiche che la identificano come patologia multifattoriale.
Le due forme della malattia
Si conoscono due forme principali di diabete, riconosciute attraverso i numeri: il diabete mellito di tipo 1 (DM1) e il diabete mellito di tipo 2 (DM2).
La prima forma viene definita insulino-indipendente, con una mancata produzione di insulina da parte delle cellule beta del pancreas.
In questo caso si parla di insorgenza auto-immune, con una distruzione delle cellule specializzate nella produzione dell’ormone. Questa particolare forma compare normalmente in età infantile, molto più raramente in età adolescenziale.
La seconda tipologia di diabete è definita insulino-dipendente e si verifica per resistenza insulinica periferica. In altre parole le cellule non riconoscono più l’insulina quale regolatore per l’ingresso dello zucchero all’interno delle cellule.
Questo è tanto più aggravato da una condizione di obesità, poiché gli obesi manifestano una marcata produzione di un ormone, la resistina, che genera la resistenza insulinica periferica.
In verità esiste anche una terza forma di diabete che prende il nome di diabete gestazionale e si caratterizza per la sua comparsa in gravidanza.
Questa forma è solitamente un allarme e denota una predisposizione alla patologia, anche dopo una sua remissione post-parto.
Inoltre, può rappresentare un pericolo anche per il feto. La produzione massiccia di insulina da parte della mamma può attraversare la placenta e generare un picco ipoglicemico nel nascituro al momento della nascita.
Quante persone sono affette da diabete mellito di tipo 1 in relazione a tutti i soggetti diabetici presenti?
Si stima da un 5% a un 10% dei soggetti diabetici. Invece circa il 90-95% dei soggetti affetti da diabete presenta un diabete insulino-dipendente (tipo II).
Quali sono i sintomi del diabete?
Questa malattia è caratterizzata dai seguenti sintomi:
- aumenti dei livelli di glucosio ematici maggiori o uguali a 126 mg/dl di sangue;
- presenza di poliuria, cioè un aumento nella produzione di urina da parte del rene;
- presenza di amminoacidi e glucosio nelle urine;
- sete persistente (polidipsia);
- irritabilità;
- visione offuscata.
Tralasciando questi sintomi che sono importanti segnalatori, il grande problema sono le patologie annesse a questa condizione.
Infatti, oggi l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha coniato un termine che permette di comprendere il legame tra diabete e obesità: diabesità.
Ebbene, non è raro che soggetti diabetici siano anche obesi e che abbiano una predisposizione alle patologie tipiche dei soggetti con alte percentuali di grasso corporeo. Di conseguenza si manifesta una predisposizione allo sviluppo di patologie cardiovascolari e il conseguente rischio di ictus e infarto del miocardio.
Il diabete mellito di tipo I: prevenzione possibile?
La prevenzione del diabete di tipo I è pressoché inesistente, per la sua forte componente genetica.
Purtroppo, non si hanno dati che indichino fattori ambientali predisponenti. Inoltre, la sua predisposizione genetica la rende una patologia alquanto complessa e problematica.
Nei soggetti diabetici di tipo I si sono viste delle isoforme nel complesso maggiore di istocompatibilità (HLA). Questi HLA rappresentano però solo una predisposizione e pertanto anche in coloro che presentano una familiarità alla malattia non viene eseguito alcun tipo di analisi.
Terapia insulinica per il trattamento del diabete
Ad oggi per il trattamento del diabete si ricorre all’utilizzo di insulina esogena e alla formazione del paziente in merito agli stili di vita da adottare. Dall’alimentazione corretta a una buona dose di attività fisica settimanale.
In questo articolo verranno menzionate le principali tipologie di insuline esistenti, ecco di seguito le diverse forme:
- Rapide o regolari con un picco di azione a 30-90 minuti e una durata massima di circa 5 ore;
- Intermedie con un picco di azione dalle 3 alle 5 ore e una durata massima di 8-12 ore;
- Ad azione prolungata (glargine) con una durata massima di 24 ore.
Solitamente le forme rapide di insulina sono somministrate in caso di condizioni particolari o critiche e vengono consigliate prima dei pasti principali.
Al contrario, le insuline ad azione prolungata permette una stabilità insulinica “di base” per il controllo glicemico durante la giornata.
A cura del Dottor Giulio Merlini
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