Il plank: come allenarlo ed errori comuni
Il plank è un esercizio che viene comunemente utilizzato per allenare l’addome, anche se è riduttivo pensare di utilizzare tale lavoro solo per allenare la muscolatura addominale. Ma a cosa serve davvero il plank? Si tratta di un esercizio di stabilizzazione che vede l’intervento di molti muscoli, ed è per questo motivo che non è di così semplice realizzazione.
Viene considerato un esercizio di core stability, in quanto vengono sollecitati soprattutto i muscoli del corsetto addominale, ma può anche essere sfruttato per imparare a stabilizzare la spalla, e dopo vedremo come. L’utilizzo di un sovraccarico lo fa diventare un esercizio di core strength: indispensabile in tutti i tipi di sport.
Esecuzione del plank
L’obiettivo è di riuscire a co-attivare la Linea Superficiale Frontale e la Linea Superficiale Posteriore, in modo che nessuna delle due catene prevalga sull’altra (Meyers 2013).
La Linea Superficiale Frontale connette in due parti, dalle dita dei piedi alle pelvi e dalle pelvi ai lati del cranio, l’intera superficie anteriore del corpo. Con il principio fasciale del “tutto è connesso con tutto”, questa linea si unisce con la Linea Superficiale Posteriore attraverso il periostio, ma non c’è un’azione discernibile in questa connessione.
Funzionalmente queste due linee si oppongono l’una all’altra, la funzione principale della Linea Superficiale Frontale è quella di creare la flessione del tronco e delle anche, l’estensione del ginocchio e la dorsi-flessione dei piedi, viceversa la Linea Superficiale Posteriore.
In questo modo dovremmo immaginare di essere in stazione eretta, come se fossimo in piedi. Il rachide deve rispettare le curve fisiologiche e i muscoli stabilizzatori che useremmo stando in piedi, devono essere attivi per ottimizzare ancor di più la stabilizzazione.
In questo tipo di plank è necessario mantenere il “neutro”, dunque vi è una co-attivazione di gluteo e addome per ricercare una stabilità del bacino che non porti però il bacino stesso in una retroversione forzata, gli erettori spinali sono attivi e anche la curva dorsale non vede una cifosi enfatizzata. Il soggetto deve immaginare di infilare la scapola in una tasca dietro la schiena attivando il gran dorsale e tutti i muscoli della cuffia dei rotatori. La testa rimane in linea con il corpo per il principio della continuità.
Errori comuni nel plank
Il plank può anche essere utilizzato come strumento valutativo. Se il cliente non ha un gluteo sufficientemente forte, perderà il controllo del bacino rischiando di accentuare la lordosi lombare. Questo avviene tipicamente in coloro che soffrono di lombalgia, dunque è consigliabile evitare di procedere subito con questo esercizio in chi non ha una buona percezione del proprio corpo e in chi ha dei deficit di attivazione di alcuni muscoli, come per esempio il gluteo.
Lo stesso potrebbe capitare per quanto riguarda il cingolo scapolo-omerale, dove il rischio è quello di perdere l’attivazione dei muscoli fissatori della scapola andando a sostituire con i fasci discendenti del trapezio e inibendo il gran dorsale.
Nella figura sottostante è possibile vedere gli errori che vengono commessi comunemente dagli utenti in sala pesi.
Il plank e la posizione di hollow
Solitamente chi pratica ginnastica calistenica esegue un plank leggermente differente da quello descritto in precedenza, quello che definisco “power plank” ovvero un esercizio che vede importanti attivazioni di gruppi muscolari molto forti che permettono di mantenere determinate posizioni anche con dei sovraccarichi.
In questo caso la retroversione del bacino viene enfatizzata attivando gluteo e addome, ma anche il gran dorsale viene fortemente reclutato enfatizzando la cifosi dorsale, permettendo così una maggior stabilità della spalla che si traduce in maggior espressione di forza.
Gli atleti che praticano gli anelli in ginnastica artistica sono solitamente caratterizzati, oltre che da una potente muscolatura toracica, anche da una sviluppata muscolatura dorsale che viene definita “gobba muscolare” o “gobba d’atleta” (Tittel 1987).
Anche in questo caso non si deve confondere l’attivazione del gran dorsale (ma anche del gran pettorale) con quella dei fasci discendenti del trapezio, i quali non si devono sobbarcare il peso del tronco per sostenere la posizione. L’idea è sempre quella di infilare le scapole in una tasca dietro la schiena.
Il consiglio è quello di imparare a percepire il proprio corpo e imparare a sfruttare questo esercizio anche come strumento valutativo.
Nel corso di bodybuilding vedremo alcune modalità esecutive e alcuni approfondimenti che potrebbero tornarvi utili.
Buona sperimentazione!
A cura del Dr. Samuele Cravanzola
Tag:plank esercizio