Il riscaldamento degli sport da combattimento
Prima dell’inizio di una gara una delle cose più interessanti da osservare è il riscaldamento degli sport da combattimento.
E’ davvero affascinate cogliere la tensione negli occhi di chi di lì a poco dovrà misurarsi con un avversario e con sé stesso.
Ammirare i delicati riti di attivazione che gli atleti mettono in scena. Ma anche semplicemente concentrarsi sulle pratiche di riscaldamento.
E’ qui che ci si accorge che per alcuni non è ben chiaro il ruolo di questo importantissimo momento della gara (ma anche dell’allenamento).
C’è chi sale i gradoni del palazzetto come se dovesse prendere il pullman al volo, chi salta la corda come un ossesso a velocità mai sperimentate dall’uomo, chi cerca di battere il record mondiale di burpees consecutivi e poi chi si dedica alla shadow boxe…in una gara di brazilian jiujitsu.
Però, attenzione: il riscaldamento come ogni altre parte dell’allenamento deve esser personalizzato, non esiste un protocollo giusto per tutti. Tuttavia, esistono dei principi fondamentali cui è bene attenersi per far sì che da esso si possano trarre i maggiori benefici.
Il riscaldamento degli sport da combattimento: perché farlo?
La risposta è banale ma risolutiva: per aumentare la temperatura!
Questo infatti determina una maggior elasticità dei tessuti sollecitati (tendini, muscoli e legamenti). Altri benefici includono l’aumento della potenza aerobica e più bassi livelli di lattato, l’aumento della velocità di trasmissione neuromuscolare, con contrazioni conseguentemente più rapide, l’estrazione dell’ossigeno è resa più semplice e viene aumentata la gittata cardiaca e il flusso ematico.
Tutto questo si traduce in un aumento dell’efficacia e dell’efficienza del movimento e non ultimo la possibilità di ridurre il rischio di infortuni (Mcardle WD, 2006).
Il riscaldamento è normalmente suddiviso in 2 fasi:
- Generale. Così detta perché i movimenti, i muscoli utilizzati e il sistema energetico di riferimento non sono specifici per lo sport praticato. In questa fase l’obiettivo è l’aumento generale della temperatura, della frequenza cardiaca, del flusso ematico, del tasso respiratorio e della sudorazione (Costa, 2011). Partendo da questa considerazione si può stabilire che non sia importante un’altissima intensità: possono bastare una semplice corsetta o se questa viene resa impossibile per lo spazio insufficiente, si può utilizzare la corda o dei saltelli sul posto;
- Specifico. In questo caso ci si concentra su movimenti e modalità più tipiche dello sport in questione. Il consiglio è quello di concentrarsi su quali sono le principali azioni di gara e di riportarle nel riscaldamento. E’ bene concentrarsi anche sui distretti maggiormente interessati dagli infortuni, per fare un esempio nel grappling spalle, gomiti, ginocchia e collo, ma anche nel karate;
Quanto deve durare il riscaldamento?
La durata di un buon riscaldamento degli sport da combattimento è indicativamente di 10 minuti (Brooks GA, 2000) con intensità crescente che non debba però esser tale da indurre affaticamento o intaccare in alcun modo le riserve energetiche (Mcardle WD, 2006).
Inoltre, proprio per quest’ultimo punto, non dobbiamo dimenticare che in queste discipline spesso e volentieri, anche se non si dovrebbe, si arriva con riserve di glicogeno non ottimali.
Infatti, le pratiche di calo peso condotte nei giorni che precedono la gara e nei più ritardatari, anche il giorno stesso, inducono una deplezione di glicogeno difficile da recuperare senza un ottimale apporto di nutrienti.
Quindi se proprio si deve guidare con il serbatoio mezzo vuoto, ha senso spinger la macchina al massimo in un parcheggio?
Inoltre, una riflessione va fatta anche riguardo alla flessibilità. Una qualità importantissima tanto nella lotta quanto nello striking, soprattutto laddove siano previsti calci.
La grande domanda in questo caso è se sia meglio dedicare del tempo allo stretching statico o se optare per il dinamico.
La preattivazione con allungamento statico ha determinato una riduzione della forza, della potenza, della velocità, dell’equilibrio e della performance sul salto verticale (Behm & Chaouachi, 2011). Inoltre, questo tipo di allungamento non determina un innalzamento della temperatura, quindi non può considerarsi un warm-up.
Pertanto stando a quanto presente in letteratura, sarebbe preferibile optare per esercizi di mobilità ed elasticità dinamici.
Corso sul calo peso negli sport da combattimento, interamente online e con rilascio attestato digitale!
Una criticità importante che interessa sopratutto i dilettanti è il tempo che li separa dalla gara. Non è raro che l’orario di inizio indicato a causa di ritardi organizzativi non sia quello veritiero.
Infatti, quello che spesso accade è di iniziare a scaldarsi diverse ore prima del momento effettivo della gara. Questo porta l’atleta ad esaurire risorse fisiche e soprattutto mentali.
Purtroppo, in questo ci si può far poco se non ricordare che l’eccessivo volume nel riscaldamento è deleterio quando l’eccessiva intensità. Il consiglio è quindi quello di valutare bene la situazione e nel caso ci si accorga di esser partiti con troppo anticipo, fermarsi e rimandare il riscaldamento.
Conclusioni finali
Il warm-up pertanto è una pratica utilissima per predisporre l’organismo ad una performance ottimale.
La durata totale deve essere nell’ordine dei 10 minuti, ripartendola tra una sezione generale di attivazione ed una specifica che riprenda i movimenti tipici dello sport in questione.
L’intensità deve aumentare gradualmente fino a portarla per qualche istate a quella di gara. Seguendo questi principi fisiologici di base ognuno può strutturare il riscaldamento che meglio sente suo.
Allenamenti e gare secondarie possono tornare utili per le fasi di sperimentazione, in modo da trovare la formula adatta a sé stessi.
A cura del Dottor Zappitelli