Mancanza di sonno e obesità
Dimmi quanto dormi e ti dirò se ingrasserai.
Già. Oggi rispondiamo alla domanda: esiste una relazione tra durata e qualità del sonno e aumento di peso?
Se sì, dormire poco e male è da considerarsi come fattore di rischio per il sovrappeso?
Inoltre tratteremo la fisiologia che regola il senso di appetito e di sazietà in associazione con il sonno.
Mancanza di sonno e obesità
Quanto è importante dormire?
Il sonno è definito come uno stato reversibile di parziale o completa incoscienza che rappresenta una necessità universale. Non solo regola i processi biologici e cellulari dell’organismo, dell’apprendimento e della memoria, ma svolge anche un ruolo importante per quanto riguarda il mantenimento delle funzioni fisiologiche vitali, il recupero muscolare e psicofisico (Rial et al., 2007), la regolazione del peso corporeo e del metabolismo (Taheri et al., 2004).
Secondo quanto riportato dalla ricerca, la durata del sonno si è ridotta negli ultimi decenni. I principali fattori imputabili a tale riduzione sembrano essere il lavoro per turni e l’uso sempre maggiore di dispositivi elettronici quali computer, cellulari e videogiochi. Inoltre, la ricerca ha evidenziato come un numero di soggetti sempre maggiore non raggiunga le 7-9h raccomandate dalla National Sleep Foundation per adulti di età compresa tra i 18 e 64 anni (Knutson & Van Cauter, 2008).
Sonno ridotto e dispendio energetico
Negli ultimi decenni, i ricercatori hanno scoperto quanto la privazione di sonno abbia un impatto negativo sul sistema endocrino, sul metabolismo, sulle regioni cerebrali adibite all’autocontrollo, decision-making, al piacere e al desiderio oltre che sul comportamento (Greer, Goldstein & Walker, 2013; Demos et al., 2017). In particolare, il sonno di breve durata è stato associato ad un “innesco compensatorio adattativo” (Shechter et al., 2013) legato ad alterazioni del senso di fame e sazietaà (Leproult & Van Cauter, 2010; Nedeltcheva et al., 2011; Broussard et al., 2015; Hanlon et al., 2016), della preferenza del cibo da consumare (Demos et al., 2017) e della relativa quantità (Broussard et al., 2015).
Contrariamente a quanto si possa pensare, un prolungato stato di veglia dovuto a un ridotto tempo di sonno non incrementa di molto il dispendio energetico totale (EE). È stato riportato un aumento del 4-5% EE (~92kcal) in un gruppo di donne cui era stato concesso dormire 4h a notte contro le 8h abituali (Shechter et al., 2013).
Similmente, in uno studio del 2012 uomini sottoposti ad una privazione totale di sonno hanno aumentato il dispendio energetico totale del ∼7% (Benedict et al., 2012), probabilmente dovuto ad un maggiore tempo trascorso in stato di veglia. Altri studi invece non hanno riportato alcuna variazione significativa.
Riduzione e mancanza di sonno e introito calorico
La riduzione della durata del sonno è invece associata ad un incremento nel consumo calorico (Broussard et al., 2015; Al Khatib et al., 2017) e alla preferenza di cibi appetitosi (ricchi di carboidrati e grassi), il cui consumo spesso si verifica in tarda giornata (St-Onge & Shechter, 2014). Questa propensione ad un maggiore consumo di cibo nelle ore serali sembra essere associata ad una alterazione dei ritmi circadiani: ritmi endogeni della durata di ~24h che regolano le attività cellulari e fisiologiche dell’organismo. Ciò nonostante, il surplus calorico derivante è nettamente superiore alle ~92kcal di consumo calorico aggiunto proposte dallo studio precedente, che si traducono in un bilancio energetico positivo culminante nell’aumento di peso.
Questo aspetto è di particolare importanza considerando che viviamo in una società in cui il cibo è facilmente reperibile, specialmente quello meno salutare. Inoltre, il trascorrere maggior tempo nello stato di veglia amplifica le possibilità di accedere allo stesso. Di conseguenza il sonno parziale comporta un maggiore rischio di sviluppo del sovrappeso/obesità, riduce le possibilità di aderenza a un regime alimentare volto alla riduzione del peso e/o al mantenimento del peso raggiunto a seguito di un periodo in deficit calorico (Nedeltcheva et al., 2010; Wang et al., 2018).
Vari meccanismi e le loro combinazioni son stati proposti in correlazione al sonno di breve durata e ad alterazioni del comportamento alimentare culminanti con l’aumento di peso corporeo, lo sviluppo del sovrappeso e/o dell’obesità. In questo articolo sono trattati il controllo omeostatico energetico e l’alimentazione edonistica.
Leptina e grelina nel controllo omeostatico
Uno dei meccanismi di regolazione del comportamento alimentare è quello legato al controllo omeostatico dell’alimentazione. È stato ipotizzato che il sonno di breve durata comporti alterazioni in ormoni regolatori dell’appetito e del senso di sazietà: la leptina e la grelina.
La leptina regola il senso di sazietà ed è prodotta dal tessuto adiposo. La grelina invece è prodotta dallo stomaco e stimola il senso della fame.
A conseguenza della privazione parziale di sonno le concentrazioni di leptina e grelina subiscono alterazioni che inevitabilmente sembrano influenzare il comportamento alimentare. Tendenzialmente si verificano riduzioni dei livelli di leptina (ò sazietà) e incrementi in quelli di grelina (ñ fame) (Broussard et al., 2015) tali da predire ed innescare un maggior consumo di cibo e possibile aumento di peso. Sebbene questa teoria sia stata largamente accettata dalla comunità scientifica, recentemente è stato proposto che i meccanismi edonici rivestano un ruolo principale nella regolazione dei comportamenti alimentari conseguenti alla durata del sonno (Chaput St-Onge, 2014).
Infatti, i tempi del sonno (l’orario cui si va a letto e quello in cui ci si sveglia) influenzano sia l’architettura stessa del sonno che i livelli di leptina e grelina. Inoltre, i non-standardizzati stati nutrizionali e bilanci energetici dei partecipanti coinvolti spiegherebbero i risultati conflittuali degli studi in cui questi potevano accedere liberamente a grandi quantità di cibo (ad libitum).
Alimentazione edonistica
L’alimentazione edonistica (per soddisfare piacere e gratificazione) è data dal superamento del controllo omeostatico dell’alimentazione stessa, traducendosi in un consumo alimentare in assenza di necessità energetica.
Recentemente, gli scienziati hanno proposto che questo meccanismo maggiormente inneschi squilibri alimentari a conseguenza della privazione parziale di sonno. Nel 2014 St-Onge e colleghi mediante l’uso di neuroimaging funzionale (tecnologia volta ad analizzare e misurare le attività delle regioni cerebrali e del metabolismo cerebrale) hanno osservato una iperattività della corteccia insulare e dei centri cerebrali di gratificazione e ricompensa (corteccia orbitofrontale, dorsolaterale e corteccia prefrontale) nei partecipanti sottoposti a una condizione di 4h di sonno (vs 9h) alla vista di cibi non sani (3.59±1.10 kcal g−1 ), un incremento calorico (~300kcal) e del numero dei pasti (St-Onge et al., 2014).
Inoltre, i partecipanti sonno-deprivati hanno valutato cibi ad alto contenuto calorico più appetibili per il 24% in più rispetto alla condizione di 9h di sonno. In contrasto, è stata osservata una ridotta attivazione di regioni adibite alla valutazione dell’appetito influenzando così la scelta del cibo da consumare. In altre parole, la scarsa durata del sonno influisce sulle attività delle aree cerebrali. Ne consegue valutazione sconveniente delle scelte alimentari che favorisce il consumo di cibi ad alto contenuto calorico e un aumento dell’introito calorico giornaliero (superiore al dispendio energetico totale) e dunque al rischio di aumento di peso.
CONCLUSIONI
In conclusione, considerando quanto trattato in precedenza, il ruolo del sonno nel mantenimento del peso corporeo è cruciale in quanto regola i meccanismi cerebrali e ormonali associati alle scelte alimentari e di bilancio energetico. Per giunta, non solo il sonno di breve durata rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo del sovrappeso/obesità, ma pare che possa compromettere l’aderenza ad un regime alimentare volto alla perdita di peso e che soggetti normopeso possano mantenerlo nel tempo (Nedeltcheva et al., 2010; Wang et al., 2018).
Infine, data la maggiore coscienza alimentare di atleti militanti in sport estetici, sarebbe interessante valutare le attività cerebrali e ormonali conseguenti al sonno breve e il successivo comportamento alimentare. Dunque, se in tal condizione vi è una maggiore attività dei centri di valutazione e decision-making del sistema nervoso a scapito della corteccia insulare e dei centri cerebrali di gratificazione e ricompensa.
A cura del Dr.essa Michela Giacosa
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REFERENCES:
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