La motivazione alla pratica sportiva e aspetti sociologici
La motivazione alla pratica sportiva è uno dei temi più affrontati nella psicologia dello sport.
Come mai alcune persone sono spinte a praticare sport mentre altre fanno fatica ad avere costanza?
Aspetti e domande apparentemente banali che meritano però un’indagine approfondita, alla luce del crescente numero di obesi nei paesi occidentali. Le patologie del benessere spingono molti studiosi, degli ambiti più diversi, ad analizzare diversi aspetti del movimento umano.
La motivazione alla pratica sportiva: i tipi di motivazione
Se quando siamo bambini il gioco ci spinge ad intraprendere forme di attività motoria, dall’altra parte cosa spinge gli adulti a farlo? Che sia intrinseco nella psicologia umana ricercare un confronto con l’esterno e con il prossimo? L’agonismo può essere considerata la naturale conseguenza di un’indole umana proiettata nel gioco e nello sport?
Che cos’è la motivazione?
Per poter parlare di motivazione alla pratica sportiva, dovremmo comprendere da dove proviene il termine di “motivazione”.
Nel 1957 Reuchlin diede una definizione a questo termine, identificando l’insieme dei fattori che promuovono l’attività del soggetto. Ma la definizione non si limita a queste poche e semplici parole, ma prosegue affermando che tale attività deve essere orientata al raggiungimento di obiettivi che una volta raggiunti possono causare l’abbandono del percorso.
Come si arriva alla motivazione alla pratica sportiva?
Tutto si riconduce alla piramide dei bisogni di Maslow del 1954.
Le persone hanno bisogno di soddisfare diversi bisogni.
Una volta risolti i bisogni definiti primari, si passa a quelli secondari, tra cui: bisogni di appartenenza, di stima e di autorealizzazione.
Questi tre bisogni sono i motori per la maggior parte delle attività umane nel mondo occidentale.
L’idea di apparire migliori di quanto non si è nella realtà o la semplice voglia di autorealizzazione e appartenenza ci portano ad intraprendere attività tra le più diverse. Siano esse attività imprenditoriali o sportivo agonistiche. E se ci pensiamo un attimo, queste due attività non sono poi così diverse, in molti aspetti.
La motivazione alla pratica sportiva può cominciare per:
- gestire il senso di autostima;
- migliorarsi esteticamente;
- confrontarsi con un avversario.
In più lo sport ha un altro grande scopo: educare. Dapprima al rispetto delle regole sotto forma di gioco-sport, per poi arrivare alla vera attività agonistica.
Per certi versi possiamo già rispondere ad una parte delle domande poste inizialmente. Per alcuni individui la ricerca delle competizione
è un’indole, per un desiderio di auto-affermazione e di consolidazione del proprio ego, quale mezzo per farsi accettare prima di tutto da sé stessi e in secondo luogo dal mondo.
Il gioco aiuta la motivazione, nello sport e nella vita
Se da una parte lo sport agonistico è utilizzato per i più competitivi per un desiderio di auto-affermazione, dall’altro il gioco deve essere utilizzato da adulti e giovani per alimentare la loro motivazione alla pratica sportiva, unitamente al raggiungimento di determinati obiettivi.
Callois nel 1967 identificò quattro tipologie di gioco:
- agon: competizione fisica e cognitiva;
- alea: giochi con buona componente aleatoria;
- mimicry: giochi che si basano sull’imitazione;
- ilinx: giochi basati sull’equilibrio.
Questa classificazione torna particolarmente utile per proposte motorie con bambini e adulti e per l’acquisizione di determinate abilità motorie.
Oggi anche nel mondo lavorativo si utilizza il termine gamification, inteso come l’insieme di tecniche utilizzare per l’engagement e il profitto aziendale. La motivazione nel posto di lavoro aumenta l’autostima e la produttività dei dipendenti e oggi molte dinamiche aziendali si basano proprio su questi concetti.
La gamification mette in campo la voglia di raggiungere degli obiettivi, da soli o in team, ed essere premiati al raggiungimento di un risultato.
Se un dipendente è motivato e premiato (economicamente o con bonus di diversa natura, anche in termini di tempo libero) sarà il primo “motore” dell’azienda e suo potenziale cliente.
Nello sport la questione si verifica in modo similare. La classificazione eseguita da Antonelli e Salvini nel 1987 sulle motivazioni secondarie che spingono alla pratica sportiva, chiarirebbero questo concetto.
Il decidere di continuare ad intraprendere una pratica sportiva sono dovute essenzialmente a desideri edonistici o, al contrario, a condizioni di inferiorità che lo sport è in grado di ridurre, agendo sulla propria identità personale e garantendo un senso di appartenenza.
Il concetto di rinforzo nella motivazione alla pratica sportiva
Tutti gli aspetti accennati brevemente in questo articolo, ci spingono così a chiarire altri concetti.
La motivazione viene alimentata anche dal rinforzo che si ottiene dall’ambiente circostante. Frasi del tipo: “ti trovo in gran forma” oppure “complimenti per i risultati conseguiti” consentono allo sportivo di alimentare la motivazione. Il concetto di feedback è fondamentale per orientare i comportamenti.
Il successo è una delle più alte forme di rinforzo psicologico che si possano trovare. L’idea di sconfiggere un avversario rinforza l’autostima attraverso un risultato tangibile, mentre le abilità acquisite nel tempo dall’atleta si riversano nel bagaglio di competenze motorie.
Il personal training e la motivazione
Ma cosa ce ne facciamo di queste nozioni dal punto di vista pratico? Ci sono diversi spunti che possiamo trarre quando svolgiamo la nostra professione di personal trainer:
- cadenzare degli obiettivi periodici raggiungibili;
- rinforzare l’idea del miglioramento di lezione in lezione (feedback);
- aggiungere una buona dose di “gioco” o divertimento nel compito che si sta svolgendo;
- fornire delle variazioni allo stimolo per garantire un’idea di novità e progressione.
La psicologia dello sport ci aiuta a trovare dei metodi operativi, a comprendere le esigenze dei clienti e a soddisfarle mediante proposte educativo-motorie progressive.
Saper gestire queste nozioni ci aiuterà ad essere dei trainer migliori.
Ora diamoci alla pratica e forniteci qualche feedback.
Buon lavoro!
Corebo – La Scienza al Servizio dello Sport
BIBLIOGRAFIA:
- Giovannini D, Savoia L (2002). Psicologia dello sport. Carocci Editore, Roma.