Preparazione nel bodybuilding di un’atleta bikini: case report
Dopo un anno di lavoro scrivo questo articolo sulla preparazione di un’atleta che ha gareggiato come Bikini in WABBA INTERNATIONAL. Esperienza direi indimenticabile, in quanto la mia atleta, alla sua prima gara si classifica prima in categoria qualificandosi per gli Italiani, e non contenta replica vincendo l’assoluto come “miglior atleta femminile” qualificandosi per i mondiali.
Sfateremo alcuni falsi miti e luoghi comuni ripercorrendo la preparazione di Giulia e permettendo ai lettori di poter trarre alcune considerazioni individualmente.
L’articolo descrive il percorso agonistico che ha portato alla vittoria un’atleta NATURAL salita sul palco in piena fase mestruale. A detta di alcuni ipoteticamente svantaggiata a causa dei disagi portati dalla situazione ormonale, ma vedremo che questo è un falso mito dettato dall’individualità della singola atleta.
Preparazione di una bikini: la dieta
Argomento ostile per molti amanti della “ghisa”. Per Giulia la dieta non è stata un problema, e non perché lei non sia una “mangiona”. Anzi, in fase di bulk si è spinta fino a 3000 calorie al giorno e per una ragazza di 163 cm, con un peso di circa 50 kg, sono un bel po’.
La restrizione calorica è stata graduale e costante. Non si è data quell’importanza maniacale che viene attribuita a un parametro gestibile in maniera facile, seguendo semplici regole biologiche e fisiologiche. L’aiuto di un biologo nutrizionista specializzato nell’alimentazione per lo sportivo è stato determinante. Abbiamo selezionato una vasta gamma di alimenti, ripartiti in maniera equa durante il giorno. Ovviamente ci siamo basati sullo stile di vita e le necessità lavorative di Giulia.
Nel primo mese di preparazione abbiamo svolto una carb cycling: grassi a 0,8 grammi per kg di peso corporeo, proteine a 2,6 grammi per kg e le restanti calorie gestite con i carboidrati. Il primo giorno è rimasta con la quota di carboidrati al di sotto del suo metabolismo basale nel resonto calorico totale. Il secondo giorno è rimasta sul metabolismo basale e il terzo giorno sul fabbisogno energetico medio, ciclizzando così tutti i giorni della settimana.
Nel secondo mese il carb cycling è stato mantenuto tale e quale, riducendo ulteriormente le calorie fino ad arrivare ad ottenere una condizione da palco. Abbiamo cercato di evitare lo “svuotamento” muscolare causato da un apporto di carboidrati troppo ridotto. Le abbiamo fatto mangiare carboidrati fino alla fine, la benzina indispensabile per il nostro corpo! Si, sappiamo che è un approccio insolito, ma ha funzionato alla grande.
I grassi sono stati abbassati a 0,6 grammi senza mai ridurli eccessivamente e le proteine ulteriormente alzate a 2,8 grammi per kg.
Carb cycling nella donna
Perché questo approccio? Una review molto interessante, pubblicata nel 2010 (Kresta et al. 2010) conferma quanto possa rivelarsi una strategia vincente ciclizzare i carboidrati.
Il motivo principale è quello di evitare che il fantomatico metabolismo “rallenti”. Nell’articolo “l’allenamento abbassa il metabolismo” troverete alcuni falsi miti di questo concetto.
Abbiamo giocato con l’aumento e la riduzione delle calorie per evitare che la tiroide fosse inibita. Questa ghiandola ha un’azione termogenica e “innalza” il metabolismo basale. Inoltre interviene nell’aumento della sintesi proteica con effetto trofico sul muscolo. Ma non finisce qui. Si verifica anche un’aumentata attività degli enzimi coinvolti nell’ossidazione del glucosio e si ha una stimolazione anche della lipolisi (Carvalho DP & Dupuy 2017).
La ripartizione dei carboidrati è stata alzata e abbassata monitorando l’atleta di settimana in settimana, senza seguire una linea guida standard, ma basandosi su un parametro altrettanto fondamentale: lo specchio.
I grassi nella preparazione di un’atleta bikini
Solitamente le tipiche diete di chi pratica culturismo vengono stilate secondo criteri ben precisi. Criteri dettati da analisi empiriche portate dalle esperienze personali e da ipotesi basate su distorsioni della fisiologia umana, molto spesso alterata dall’abuso di farmaci. Detto ciò voglio contestualizzare il motivo per il quale l’apporto dei grassi nella dieta della mia atleta è rimasto sempre in un range sensato.
Le donne producono circa 10 volte meno testosterone rispetto all’uomo (in parte dalle ghiandole surrenali e in parte dalle ovaie) (Mottram 2005). L’apporto di grassi è servito per mantenere una buona funzionalità ormonale steroidea ed evitare l’interruzione del ciclo mestruale.
Dato l’elevato potenziale calorico portato da questo macronutriente, la quota è stata mantenuta tale da permettere all’organismo di svolgere le sue corrette funzioni, senza alterare l’aspetto estetico causato dall’aumento eccessivo dell’intake calorico.
Siamo sempre rimasti tra gli 0,8 gr per kg di peso corporeo e gli 0,6 grammi per chilo di peso.
Le proteine nella preparazione atletica
Quale dovrebbe essere il corretto apporto proteico in un soggetto di sesso femminile? Ci sarebbe molto da scrivere in merito, ma la risposta che regna sovrana in qualsiasi ambito è: “dipende”.
Dipende dall’età, dall’altezza, dal peso, ma soprattutto dal dispendio energetico giornaliero, ovvero se il soggetto è sedentario o sportivo, e anche in questo caso è necessario differenziare il tipo di attività fisica, se di endurance o con sovraccarichi.
Senza dilungarci troppo, il fabbisogno proteico medio per una persona sedentaria è stimato intorno a 0,8 gr per kg di peso corporeo, il quantitativo è stato ottenuto attraverso l’analisi dei residui azotati nelle urine, ed è quindi indice del consumo effettivo dell’organismo sano (Yung & Pellett 1991).
Gli atleti di forza necessitano, invece, di un quantitativo proteico differente, maggiore rispetto agli atleti di endurance o di sport situazionali, le linee guida dell’American College of Sports Medicine affermano che l’assunzione media in atleti di forza debba essere di 1,6/1,7 gr per kg di peso corporeo (ACSM 2000).
Alcuni studi hanno affermato che un apporto proteico di 2,3 gr per kg sotto un regime ipocalorico non era ancora sufficiente a prevenire il calo della massa magra, perciò alcune review mostrano che per gli atleti di forza l’apporto proteico durante la fase di definizione debba essere aumentato anche fino ai 3,1 gr per kg sulla free fat mass in proporzione alla restrizione calorica (Mettler et al. 2010).
L’atleta bikini e l’integrazione alimentare
L’integrazione non è stata spinta all’estremo, ma anzi, al contrario, è stata monitorata ed è rimasta nei range di normalità. Sembrerà strano, ma la mia atleta non ha dovuto lasciare uno stipendio in integratori pur essendo natural.
Gli omega-3: fondamentali?
Durante la preparazione di un’atleta bikini è risultato cruciale utilizzare gli omega-3: dalla regolazione dell’adiponecina e della leptina fino ad effetti sul controllo glucidico. Oramai, nonostante ricerche contraddittorie in merito alla loro efficacia in campo preventivo, nel nostro caso hanno avuto una certa valenza. Sappiamo anche che risulta difficile capire cosa ha prodotto un certo effetto, perché si parla di una combinazione di fattori. Provate, sperimentate, fallite, imparate e riprovate. Ogni caso è a sé e chi fa questo mestiere lo sa bene.
Le proteine in polvere e amminoacidi essenziali
Utili a mantenere un elevato intake proteico durante la preparazione dell’atleta, senza affaticare l’apparato digerente.
La purezza delle proteine ritengo sia poco rilevante. Una fonte pura all’80% basta per massimizzare i risultati, senza andare a selezionare proteine idrolizzate. Non sono quei pochi grammi di carboidrati presenti nelle proteine del siero del latte a cambiare il risultato della dieta.
Gli amminoacidi essenziali sono da sfruttare nella fase di maggior restrizione calorica in alternativa alle proteine o come supplemento utile nel post workout. Anche se alcuni studi ne consigliano l’utilizzo (Hulmi et al. 2010), ricordate di valutare caso per caso, in relazione alla tipologia di atleta e alla completezza della dieta.
La vitamina D
La vitamina D è importante per l’omeostasi del calcio e del metabolismo osseo. Inoltre si occupa del mantenimento delle normali funzioni steroidee, tant’è che viene considerata un pro-ormone. Questa vitamina migliora lo scorrimento dei filamenti di actina e miosina attraverso la regolazione della liberazione del calcio all’interno del reticolo sarcoplasmatico concorrendo nel miglioramento dell’espressione di forza negli atleti (Abrams et al. 2018).
La glutammina
Quella peptidica è preferibile rispetto alla L-glutammina. Amminoacido non essenziale ma coinvolto in molte reazioni chimiche nel nostro organismo. È un forte attenuatore del catabolismo muscolare, utile quindi nelle diete di definizione. Un effetto utile al nostro scopo è quello di aumentare i livelli di glicogeno intramuscolare, cosa che parrebbe avvenire (Walsh et al. 1998), anche se l’ISSN ha affermato l’inutilità di questo integratore. Nella pratica si hanno diversi riscontri positivi, ma ripeto: provate e valutate.
In una situazione di forte restrizione calorica aiuterebbe a rinforzare il sistema immunitario. Ultima riflessione in merito alla glutammina è la sua capacità di stimolare la produzione di GH. Per questo motivo viene data spesso la sera, perché il picco di produzione endogeno di ormone della crescita avviene durante la notte: effettivamente è in grado di elevare i livelli plasmatici di arginina e glutammato, due amminoacidi capaci di stimolare la secrezione dell’ormone.
Il GH è un ormone che aiuta naturalmente il dimagrimento, poichè induce lipolisi. Inoltre è necessario ricordare che, a causa della mancanza di un’elevata produzione di testosterone da parte delle donne, questa spinta ormonale viene sostituita invece da un’elevata produzione di ormone delle crescita, circa 10-20 volte maggiore rispetto all’uomo (Willisa et al. 2014).
Acqua e microelementi
Nulla di estremo anche sulla gestione dei liquidi. L’Institute of Medicine (IOM) consiglia, per una persona di sesso femminile tra i 19 e i 30 anni, con un consumo calorico medio di 2000/2200 kcal, intorno ai 2700 ml giornalieri. Possiamo arrotondare a circa 2,5 litri, calcolando che altri liquidi verrebbero assunti tramite alimenti come la frutta (Popkin et al. 2010).
Tenendo in considerazione il fatto che Giulia si allena quasi tutti i giorni, il consiglio è stato quello di assumere circa 3 litri al giorno.
Il sale: l’OMS raccomanda l’assunzione di meno di 2 grammi al giorno di sodio per un adulto medio (WHO 2012). Per evitare un aumento eccesivo di aldosterone in circolo che provoca un aumento consistente della concentrazione di potassio e un impoverimento di sodio intracellulare, la quantità di sale giornaliera è stata mantenuta molto bassa, in quanto già tutti gli alimenti presenti sul mercato hanno sale aggiunto. Per tale motivo è consigliabile assumere cibi freschi e non conservati con esaltatori di sapidità o altri elementi superflui e poco sani.
Questa linea guida è stata mantenuta fino alla settimana pre-gara. A inizio della settimana pre-gara è stato aumentato il sale con conseguente aumento dell’introito di acqua, per poi eliminarlo e sostituirlo con il potassio citrato. Contemporaneamente le è stata ridotta la normale assunzione di acqua, con quantitativi leggermente inferiori alla dose giornaliera. Questo dovrebbe migliorare l’idratazione favorendo quella intra-cellulare a scapito di quella extra-cellulare. Dico “dovrebbe” perché in chi pratica bodybuilding è una prassi comune. Dalle ricerche parrebbe che l’introduzione del potassio potrebbe migliorare la funzione delle cellule β del pancreas, avendo un effetto insulino-sensibilizzante e ipotensivo, ottimizzando così la secrezione di insulina in risposta ad un’aumentata assunzione di carboidrati nel pre-gara (Conen et al. 2016). Attenzione ad assumere potassio senza la visione di personale abilitato nel mondo della nutrizione o personale medico: l’iperkalemia può portare alla morte!
L’allenamento nella preparazione di un’atleta bikini
Come si allenano le donne?
C’è chi sostiene che debbano allenarsi come gli uomini, altri affermano debbano allenarsi ad alte ripetizioni e bassa intensità per non indurre ipertrofia. Altri ancora, come me, asseriscono al fatto che ognuno deve avere un allenamento individualizzato, uomo o donna che sia. Tutti devono seguire delle regole base e successivamente indirizzare la programmazione in base al sesso, all’età, al morfotipo e allo stile di vita.
Ecco, la nostra atleta lavora come tutti seguendo orari ben precisi e allenandosi la sera, quindi ho optato per non farle fare allenamenti troppo lunghi, suddividendo le sedute in più giorni e riducendo il tempo.
Come scrisse Brad Schoenfeld nel suo libro, l’ordine degli esercizi dovrebbe essere modificato affinchè i muscoli carenti siano allenati per primi nella sessione, in questo modo il soggetto concentra la sua massima energia sul gruppo muscolare più carente. Che il gruppo muscolare sia grande o piccolo, questa è una questione secondaria (Schoenfeld 2017).
La split routine nel bodybuilding
Gli allenamenti sono stati splittati e gran parte del lavoro è stato sui posteriori della coscia, carenti in termini di volume, e sulla profondità della schiena, larga e segnata ma se vista in una posa laterale, poco profonda.
In secondo luogo, una bikini deve avere una bella V-shape e un quadricipite segnato ma non eccessivamente ipertrofico. Dato che il gluteo è sempre stato il punto forte di Giulia, ecco che nel secondo giorno ho optato per lavorare su spalle e quadricipiti.
Il terzo giorno mi sono concentrato sul gluteo e sugli arti superiori, per terminare nel quarto con un richiamo sui posteriori della coscia e dorsali, cambiando l’angolo di lavoro e andando a “colpire” il dorsale con altri esercizi, sempre come consiglia Brad (Schoenfeld 2017).
Perciò le routine sono state suddivise come di seguito:
- Tirata arti inferiori e tirata bassa arti superiori
- Spinta arti superiori e spinta alta arti superiori
- Gluteo, tricipiti e bicipiti
- Tirata arti interiori e tirata alta arti superiori
Esercizi fondamentali o no?
La risposta è “sì”! Però credo che tutto debba essere contestualizzato nel lungo periodo. La reimpostazione degli esercizi fondamentali, ovvero squat, panca e stacco, è d’obbligo. A mio avviso credo che siano esercizi di base, che tutti dovrebbero saper fare. Li potremmo considerare in questo ambito i veri esercizi funzionali.
Proviamo a pensare a come questi esercizi si sono evoluti nel tempo. Perché al giorno d’oggi siamo arrivati a creare un disciplina che si basa su questi tre sollevamenti? Forse perché a livello anatomico e biomeccanico sono tre esercizi che ci permettono di esprimere il nostro massimo grado di forza lavorando su tre angoli differenti e coinvolgendo tutti i muscoli del corpo! Allora perché non sfruttarli anche in ottica bodybuilding?
Tornando sull’affermazione che tutto deve essere contestualizzato, mi trovo a dover affermare che a causa di alcune attivazioni che volevo ricercare nella biomeccanica del movimento di Giulia per migliorare dei distretti anatomici, mi sono preso la licenza di modificare certi angoli di lavoro. Dunque, lo squat è stato mantenuto tale, ma lo stacco è stato impostato in versione sumo, insegnandole ad utilizzare i posteriori della coscia come motori primari del movimento.
La panca piana è stata fatta con una presa intermedia, più stretta rispetto alla distensione su panca normale, in modo tale da reclutare maggiormente il tricpite brachiale.
Lavorando con queste “alterazioni tecniche” sono riuscito a far si che Giulia costruisse forza su esercizi e muscoli carenti. Questo perché a mio avviso, non essendo automi, è logico far si che i nostri muscoli “parlino” tra di loro la stessa lingua, in quanto il nostro corpo non ragiona per distretti muscolari, ma per sinergie.
Quali esercizi e a quale intensità?
La programmazione prevedeva, ovviamente, anche l’inserimento di esercizi monoarticolari.
Andrebbe dedicata una buona trattazione sull’ordine degli esercizi e la logica che c’è dietro, ma faremo in modo di creare altri articoli che aiutino a comprendere questo argomento.
Nel corso istruttore bodybuilding molti di questi argomenti sono ampiamente sviscerati.
Il lavoro a cedimento su un muscolo target (chiaramente sempre con un controllo motorio adeguato) permette all’atleta di reclutare un numero maggiore di unità motorie (Izquierdo 2006).
Inoltre, l’allenamento portato al limite induce una maggior secrezione di GH da parte del sistema neuro-endocrino (Bottaro et al. 2009).
Detto ciò, questo non significa che tutti gli esercizi debbano essere portati a cedimento, anzi! L’allenamento a buffer può tornare utile, per un miglioramento tecnico e per un maggior adattamento del sistema nervoso che si traduce in un aumento dei livelli di forza (Weineck 2009). Per non parlare del fattore legato al sovrallenamento, situazione da evitare assolutamente (Schoenfeld 2010).
Inoltre i lavori di forza svolti correttamente portano ad un’attivazione di alcune vie di segnalazione. Essi inducono anche una secrezione maggiore di testosterone che fungerà oltre che da ormone anabolico anche da neuro-ormone, fondamentale nella donna data la poca produzione endogena naturale (Vermeulen et al. 1999). Questi aspetti vengono trattati soprattutto nel corso allenamento al femminile.
I lavori di forza sono stati impostati in base a percentuali definite, con un alto numero di serie e un basso numero di ripetizioni, tecniche e controllate, con fermi isometrici o concentriche lente per superare eventuali sticking point. Gli esercizi complementari sono stati spinti, al contrario, al limite.
Forza esplosiva nella donna: si o no?
Per dare la risposta partiamo dalla funzione che svolge l’adrenalina: un neuro-ormone fondamentale durante l’esercizio fisico. L’adrenalina è coinvolta nella reazione “combatti o fuggi” e viene prodotta dalle ghiandole surrenali, più precisamente dalla parte midollare. L’adrenalina aumenta la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna e la concentrazione plasmatica di zuccheri circolanti rilasciati dai depositi epatici. Vi è anche un’altra parte del surrene che produce altri ormoni, ovvero la zona reticolare della corticale che secerne androgeni, più precisamente il DHEA, con effetto contro-regolatore sul cortisolo (Kraemer & Ratamess 2005).
I lavori di forza esplosiva stimolano l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, che a sua volta stimola la produzione di neurotrasmettitori atti alla produzione di neuro steroidi (pregnolone), incrementando dunque la secrezione di ormoni adrenergici e DHEA (Genazzani et al. 2000). Questo effetto a cascata stimola indirettamente una maggior quantità di ormoni androgeni, sfruttandone il potenziale come neurotrasmettitore e ormone anabolico.
Quali esercizi di forza esplosiva abbiamo utilizzato nella preparazione di un’atleta bikini come Giulia?
Per quanto riguarda la spinta degli arti inferiori, quindi con focus sul quadricipite, ho optato per lo squat jump; per la spinta degli arti superiori verso l’alto, quindi concentrata sulle spalle, ho optato per il wall ball e così via per gli altri distretti muscolari e angoli di lavoro.
Upper body & lower body: stessa seduta o sedute differenti?
I lavori per i vari distretti corporei non sono stati suddivisi. L’allenamento ha visto protocolli integrati, perché aumentare troppo la concentrazione di ioni idrogeno in un singolo muscolo potrebbe portare, nella donna, a inestetismi. Perciò l’idea di sfruttare il principio del Peripherical Heart Action (Lombardi 1997), cioè il PHA, solo sfruttando lo spostamento di sangue dalla parte alta alla parte bassa del corpo e viceversa.
Allenamento e ciclo mestruale nell’atleta bikini
Un argomento molto delicato per il popolo femminile è quello legato al ciclo mestruale.
Come gestirlo?
Tutti sappiamo che le donne quando si trovano nella fase pre-mestruale si sentono più deboli e spossate. Perché? Questo disagio è portato da un’elevata produzione di progesterone che aumenta dalla fase ovulatoria fino alla fase mestruale. Questo parametro si inverte nella fase mestruale (chiaramente non durante il flusso abbondante ma durante la fine dello stesso) fino alla fase pre-ovulatoria. In quest’ultima fase vi è un picco nella produzione di estrogeni, ormone steroideo femminile che si converte in parte in testosterone avendo funzione parzialmente anabolica (Buffenstein 1995).
Perciò basandosi su queste fluttuazioni ormonali endogene, il programma è stato calibrato sulle esigenze specifiche dell’atleta.
L’allenamento è stato suddiviso in due fasi:
- una con una maggior intensità e un basso volume, nella fase dove la spinta ormonale anabolica era maggiormente presente.
- L’altra fase è stata gestita con lavori più ad alto volume e con intensità più basse.
Cosa possiamo portarci a casa da tutto questo papiro?
Non è possibile dare la ricetta magica con la dieta e l’allenamento perfetto a priori. Nella preparazione di un qualsiasi atleta, tutto deve essere contestualizzato e individualizzato.
La differenza la fa l’atleta e nessun altro.
Buona programmazione.
A cura del Dottor Samuele Cravanzola
Vuoi alcune referenze e approndimenti?
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