Recupero fisico, l’approccio in ottica Prestativa e Wellness
Recupero fisico e allenamento
Il recupero fisico è un tema tanto cruciale quanto trascurato soprattutto parlando di prestazione e preparazione atletica, ma è anche un argomento spesso dibattuto all’interno dei corsi di formazione.
Il recupero fisico e l’allenamento sono uniti in un continuum, infatti un buon allenamento è difficilmente realizzabile se non si programma correttamente il recupero.
Il pensare che un allenamento di alto livello sia ottenibile e realizzabile senza una variazione dell’intensità e del volume non permette di andare oltre un certo livello.
Finché parliamo di Wellness, una non perfetta periodizzazione del recupero non compromette così radicalmente il risultato. Tanto è vero che l’obiettivo in questo caso è la salute e non la prestazione.
Spiegamoci meglio.
Nell’ambito preventivo molte regole e meticolosità diventano superflue, perché l’obiettivo principale è “educare il soggetto a muoversi”. Al contrario le regole diventano fondamentali quando parliamo di prestazione.
Diverse visioni del termine recupero fisico
In italiano il concetto di recupero è racchiuso in un unico vocabolo: recupero. Invece nel mondo anglosassone esistono diverse accezioni con tre differenti termini:
- REST. E’ la mancanza di attività e stress psico-fisico. Quando inseriamo in una scheda di allenamento il termine rest è sbagliato, perché il termine corretto è recovery. Il termine rest vuol dire fermarsi, interrompere l’attività e recuperare nel vero senso della parola;
- RECOVERY. E’ il recupero tra una serie e quella successiva oppure tra un esercizio e quello seguente. Infatti il recupero intra-seduta viene identificato proprio da questo termine;
- REPLENISHMENT. E’ il tempo per re-sintetizzare i nutrienti e le sostanze cellulari necessarie per lo sforzo fisico. In questo senso l’accezione del termine è più vicina al mondo della nutrizione e al fabbisogno utile a ripristinare le scorte energetiche.
Il recupero fisico negli studi scientifici
Il termine recupero però può avere anche molti altri significati. Tanto è vero che in una ricerca del 2008 il recupero assume tre accezioni:
- Short-term recovery. E’ il recupero di breve termine utilizzato tra ripetute di sprint e le sedute con i sovraccarichi. Questa tipologia di recupero affianca la re-sintesi del creatin-fosfato (Bishop, Jones, Woods 2008);
- Training recovery. E’ il recupero di allenamento che intercorre tra le sedute di allenamento differenti;
- Immediate recovery. E’ il recupero immediato nel momento in cui termina l’esercizio. Questo si verifica in pochi secondi e serve per la ri-acquisire l’ATP. Ad esempio nei metodi a cluster si utilizza questo tipo di riposo tra un’alzata e quella successiva.
Il problema della cultura analitica
Lo studio della teoria dell’allenamento porta inevitabilmente a considerare lo studio del recupero fisico, della intensità di carico e dei volumi come entità tra loro separate. Tutta la nostra cultura, non solo quella legata alle Scienze Motorie, ha come forte limite l’analisi settoriale.
Questo tipo di analisi è utile a veicolare un determinato messaggio, semplificando i concetti e migliorando l’apprendimento dello studente. Purtroppo questo approccio porta ad un riduzionismo delle conoscenze azzerando i fondamentali nessi logici che legano i singoli elementi.
Infatti trascurando la “struttura” concettuale di un argomento si dà respiro alle singole nozioni o “componenti” didattiche. Di conseguenza la visione d’insieme diminuisce e aumenta le probabilità di errore, soprattutto se il ragionamento sull’allenamento dovrebbe essere svolto in ottica integrata. Ebbene anche l’analisi del recupero fisico non sfugge a queste regole!
Recupero fisico diverso per distretti diversi?
Le componenti corporee come i muscoli, i tendini, il sistema nervoso e le ultrastrutture cellulari richiedono recuperi diversi? Sembrerebbe proprio di sì ed è noto dagli anni ’90 del secolo scorso!
Uno studio del 1991 svolto su soggetti maratoneti ha ricercato quali strutture risultassero lesionate e infiammate a seguito di una competizione.
I risultati di questa indagine mostrarono come nei primi 4 giorni le lesioni muscolari proteiche si risolvevano, al contrario la stanchezza mentale dopo poche ore era ampiamente recuperata. Inoltre l’aspetto più interessante è che la componente ultra-strutturale iniziava a manifestare problemi dopo circa 7 giorni e perdurando per circa 20 giorni dall’evento.
Questo studio ha modificato l’idea di concepire il recupero fisico aprendo la strada ad un pensiero differente (Evans, Cannon 1991).
Inoltre non è da trascurare la componente di carico sui motoneuroni. Infatti importanti attivazioni muscolari con intensità elevate portano a recuperi protratti nel tempo. Questo è dovuto alla necessità delle fibre nervose di un maggiore recupero rispetto alle fibre muscolari.
I tempi di recupero delle fibre nervose possono essere fino a 5 volte superiori rispetto alle fibre muscolari.
A sostegno di questa tesi una ricerca del 2011 ha evidenziato che lo stress neurologico dato dalle alte frequenze di scarica nei movimenti rapidi, ha portato a tempi di recupero superiori nel leg press. Al contrario il gruppo che eseguiva il medesimo movimento con velocità esecutive più basse presentava un recupero fisico più veloce.
Per concludere il gruppo ad alta velocità gestuale richiedeva 96 ore di recupero, al contrario il gruppo a moderata velocità richiedeva solo 48 ore.
A cura del Dottor Giulio Merlini
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BIBLIOGRAFIA – REFERENCES:
- Bishop PA, Jones E, Woods AK (2008). Recovery from training: a brief review: brief review, J Strength Cond Res; 22(3): 1015-1024.
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