Sticking point, il punto debole di un’alzata
Sticking point: la guida
Quante volte in palestra abbiamo notato un cliente rallentare il movimento durante una distensione alla panca al punto che la velocità esecutiva tendeva quasi a zero? Magari in quel momento la faccia si corrugava in una smorfia di sforzo per cercare di terminare la ripetizione: abbiamo assistito allo sticking point!
Che cos’è lo sticking point?
Lo sticking point è la parte di sollevamento dove il movimento risulta più difficile da eseguire (Kompf, Aradjelovic 2016). In una ricerca del 2009 viene definito “il punto del range di movimento durante un esercizio in cui la velocità esecutiva diminuisce o tende a zero” (Hales, Johnson, Johnson 2009).
Secondo la National Strength and Conditioning Association tale condizione si verifica quando la resistenza esterna ha maggior vantaggio meccanico rispetto alla forza espressa.
L’immagine sotto riportata rappresenta graficamente lo sticking point.
Perché si verifica lo sticking point?
Lo sticking point è dovuto a due cause principali:
- Carenza muscolare;
- Tecnica poco matura.
Questi fattori, per quanto differenti, hanno una relazione tra loro.
Anche gli atleti più evoluti avranno delle carenze muscolari che si manifesteranno all’aumentare del grado di specializzazione. Completiamo questa osservazione rendendola più precisa:
Si verificano delle asimmetrie muscolari che possono generare dei punti deboli in alcune aree a causa della sezione attivata e della quantità di forza espressa.
La conseguenza è uno sbilanciamento della forza erogata in determinati angoli di lavoro.
È proprio per questo che gli atleti di alto livello eseguono anche esercizi complementari che possono migliorare gli angoli di lavoro più deboli.
La tecnica è un insieme di compiti motori che permettono l’esecuzione di un’abilità più o meno complessa. Secondo Kompf e Arandjelovic in un artcolo del 2017, la deviazione dalla tecnica di riferimento può essere concepita come una carenza di tipo:
- Metabolica;
- Neurologica;
- Articolare.
In base a queste premesse è deducibile che una carenza tecnica possa essere causata da una carenza muscolare e coordinativa.
Strategie per uscire dallo sticking point
Cerchiamo di capire dal punto di vista empirico come uscire dallo sticking point e quali strategie adottare.
Se la velocità dell’alzata nella fase di sticking point arriverà a zero, l’alzata fallirà. Ragionando solo sul criterio di accelerazione e forza espressa (in Fisica abbiamo: F=m*a), possiamo chiedere all’atleta di aumentare l’accelerazione nella fase precedente allo sticking point.
Questo permette all’atleta di accorciare la fase critica di decelerazione e per inerzia il bilanciere avrà più probabilità di uscire rapidamente dalla sua “zona rossa”.
Una volta superato lo sticking point, gli angoli articolari favorevoli e il massimo reclutamento muscolare permetteranno di concludere l’alzata.
Un’altra strategia consiste nel proporre esercizi che migliorino gli angoli deboli dell’alzata. Le contrazioni isometriche possono aumentare la forza nell’angolo desiderato.
Queste indicazioni valgono su atleti in buona salute e in soggetti non anziani e senza problematiche cardiache.
Per superare lo sticking point possiamo utilizzare altre due metodiche che utilizzano le contrazioni eccentriche oppure parziali.
Le contrazioni eccentriche, seppur non specifiche, possono migliorare la forza muscolare in un certo ROM articolare.
Dobbiamo prestare attenzione a non utilizzarle troppo spesso per non incorrere in una deviazione del gesto tecnico. Quando lo sticking point riguarda il punto dell’alzata concentrica, eseguire delle contrazioni eccentriche troppo frequentemente può portare ad un allontanamento della specificità tecnica dell’atleta.
Infine una volta individuato il range angolare deficitario, possiamo utilizzare le contrazioni parziali per migliorare la forza in un range più esteso rispetto alla contrazione isometrica.
In alcuni atleti si potrebbe decidere di scaricare il carico e riprendere ad eseguire alcune alzate con un carico inferiore per migliorare la stabilità su tutto l’arco di movimento.
Ma non è tutto.
Possiamo pensare di potenziare anche i muscoli principali e ausiliari più carenti con esercizi di potenzialmento secondari. In altre parole utilizzeremo esercizi diversi rispetto al gesto specifico, ma attenzione: questa strategia deve essere inserita in modo limitato all’interno di un programma di allenamento, per evitare deviazioni tecniche che compromettano il gesto specifico di gara.
Ricapitolando, per superare lo sticking point possiamo usare quattro strategie:
- modulazioni la velocità gestuale precedente al punto di sticking point;
- lavori eccentrici;
- contrazioni parziali;
- esercizi ausiliari di potenziamento sui muscoli “carenti” del gesto tecnico.
Una quinta strategia è modulare l’intensità e il volume per il recupero dell’atleta. In alternativa è possibile che la tecnica esecutiva dell’atleta sia ancora immatura e richieda maggiormente tempo per essere consolidata.
Quest’ultimo aspetto, trascurato e poco preso in considerazione, è spesso poco accettato anche dagli stessi allenatori che vorrebbero vedere incrementi continui nei loro atleti.
Ricordiamo che riuscire a sollevare un certo carico richiede una buona tecnica e tempo per poter condizionare il proprio fisico. Si tratta del normale processo di apprendimento motorio.
Ovviamente le metodiche per superare lo sticking point sono numerose. In questo articolo abbiamo riportato solo qualche esempio. Contestualizzate sempre ogni situazione poiché per alcune discipline le strategie potrebbero non essere adatte o addirittura controproducenti.
Lo studio biomeccanico del gesto ci permetterà di capire cosa fare e quale metodica risulterà più efficace.
La forza muscolare e lo sticking point
Come mostrato dallo studio del 2017 di Kompf e Arandjelovic è necessaria una premessa sulla relazione tra forza muscolare e lo sticking point. Faremo un ripasso di Fisica.
Definiamo il momento della forza (M) espresso come il prodotto tra la forza erogata (F) e il braccio (b), ossia la lunghezza tra la forza e il punto in cui la forza viene applicata.
Il momento è un vettore perpendicolare al piano delineato tra il braccio e la forza applicata e la sua magnitudo è data da:
dove θ è l’angolo tra il vettore b e F.
Ricordiamo che le posizioni del carico e del corpo umano modificano le leve e le linee di forza. Questo si traduce in una differente attivazione muscolare e un differente reclutamento di un muscolo rispetto ad un altro.
Lo sticking point e la panca piana
Nello studio del gesto su panca piana, si è osservato che i muscoli più importanti per uscire dalla zona dello sticking point sono il gran pettorale e il muscolo deltoide, e non il tricipite brachiale come si era ipotizzato (Tillaar, Saeterbakken 2012).
Inoltre, nella fase concentrica del gesto si verifica un’adduzione omerale sul piano trasverso, un’estensione dei gomiti e un’abduzione scapolo-toracica.
L’esecuzione della panca piana ha attirato l’attenzione di diversi studiosi che si sono prodigati nel comprendere la biomeccanica alla base di un buon sollevamento.
Uno dei primi studi a cui si fa riferimento è del 1989 di Wilson e collaboratori. Lo sticking point tende a presentarsi al 30% circa dell’altezza che il bilanciere percorre per concludere un’alzata in modo corretto (Wilson et al. 1989 in Kompf, Arandjelovic 2017).
La fase di sticking point sembra essere influenzata anche dall’ampiezza della presa. Una presa larga porta i powerlifter ad avere una sua localizzazione più bassa rispetto ad una presa classica, è da segnalare che non tutti gli studi sono concordi (Kròl et al. 2010).
La review del 2017 mostra come la discordanza degli studi sia dovuta al fatto che in alcuni casi gli atleti sceglievano la larghezza della presa, in altri era fissata dai ricercatori. (Kompf, Arandjelovic 2017).
Articolo “range di movimento nella panca piana“
Lo sticking point e lo squat
Lo squat è un esercizio diffuso e importante per il treno inferiore del corpo. Prevede una fase eccentrica con una flessione delle anche e delle ginocchia, seguito da una fase concentrica con estensione delle anche e delle ginocchia.
Numerosi studi hanno mostrato come una molteplicità di muscoli non appartenenti agli arti inferiori vengono reclutati per permettere la stabilizzazione e l’equilibrio durante l’esercizio (Solomonow et al. 1989).
Nello squat si assiste ad un’estensione delle anche durante l’uscita dalla zona dello sticking point (fase concentrica) e a un decremento dell’azione del retto femorale (Tillaar, Andersen, Saeterbakken 2014). L’attività elettromiografica nello studio dello squat ha mostrato come non ci sia una diminuzione dell’attivazione muscolare nella fase di sticking point, ad eccezione del soleo (Tillaar, Andersen, Saeterbakken 2014).
Esiste un angolo dello squat dove si verifica maggiormente lo sticking point?
Lo sticking point sembra subire variazioni marcate in base al tipo di larghezza podalica (stance). Le ricerche affermano che ad un angolo di circa 30° tra le cosce e il terreno si verifica lo sticking point, ma altre ricerche presentano valori differenti pari a 6-7°. Questo scarto si verifica a causa della tecnica utilizzata durante il movimento (Kompf, Arandjelovic 2017). Una ricerca del 2009 ha riportato uno sticking point intorno ai 49° (Hales, Johnson, Johnson 2009 citata in Kompf, Arandjelovic 2017).
Lo sticking point e lo stacco
Così come lo squat e la panca piana, lo stacco è la terza specialità del powerlifting. Lo stacco è un esercizio utilizzato in diverse discipline, compreso il weightliting, come esercizio di complementare, e nel bodybuilding, per aumentare l’ipertrofia della schiena e delle cosce.
L’estensione delle anche dello stacco sono garantite dall’azione di due muscoli:
- Il grande gluteo
- Il bicipite femorale
Al contrario dell’estensione del ginocchio che è garantita dall’azione dei quattro capi muscolari del quadricipite femorale.
Infine, rispetto allo squat, lo stacco non mostra differenze di esecuzione così marcate a livello biomeccanico e possiamo dividere la tecnica esecutiva in convenzionale e sumo-style (Kompf, Arandjelovic 2017).
Ad un angolo di circa 60° (relativo al suolo) abbiamo lo sticking point dello stacco. Al livello della media coscia, sembra esserci l’angolo più favorevole per la tirata. Ulteriori considerazioni, per chi fosse interessato, li troverete nel nostro corso strength trainer e nel corso istruttore di bodybuilding
Riflessioni finali
Lo sticking point resta un tema interessante da studiare perché ci permette di concepire il movimento come la sommatoria complessa di tanti fotogrammi differenti. Ad ogni micro-movimento ci si può aspettare una deviazione della tecnica e dell’attivazione muscolare che può vanificare il risultato di una singola alzata.
La necessità di eseguire video-analisi sugli atleti risulta sempre più importante specie alla luce di quanto scritto fin qui. Lo studio delle catene cinetiche e dei momenti di forza permette di studiare la tecnica, personalizzandola in base alle esigenze individuali.
Il presente articolo ha preso da riferimento diverse ricerche, segnaliamo che la più importante è la review del 2017 di Kompf e Arandjelovic.
A cura del Dottor Giulio Merlini
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BIBLIOGRAFIA – REFERENCES:
- Baechle TR, Earle RW (2010). Il Manuale del Personal Trainer, Calzetti Mariucci Editore, Perugia; p.334
- Hales ME, Johnson BF, Johnson JT (2009). Kinematic analysis of the powerlifting style squat and the conventional deadlift during competition: is there a cross-over effect between lifts?, J Strength Cond Res; 23(9):2574-80
- Kompf J, Arandjelovic O (2017). The Sticking Point in the Bench Press, the Squat, and the Deadlift: Similarities and Differences, and Their Significance for Research and Practice, Sports Med; 47(4): 631-640
- Kompf J, Arandjelovic O (2016). Understanding and Overcoming the Sticking Point in Resistance Exercise, Sports Med; 46: 751-762
- Kròl H et al. (2010). Complex analysis of movement in evaluation of flat bench press performance, Acta Bioeng Biomech;12(2):93–7.
- McGuigan MR, Wilson BD. (1996). Biomechanical analysis of the deadlift. Sports Med; 10:250–255
- McLaughlin TM, Dillman CJ, Lardner TJ (1977). A kinematic model of performance in the parallel squat by champion powerlifters. Med Sci Sports Exerc; 9:128–33
- Solomonow M et al. (1989). The synergistic action of the anterior cruciate ligament and thigh muscles in maintaining joint stability. Am J Sports Med; 15:207–213
- Tillaar RV, Andersen V, Saeterbakken AH (2014). The Existence of a Sticking Region in Free Weight Squats, J Hum Kinet; 42: 63-71
- Tillaar RV, Saeterbakken AH (2012). The sticking region in three chest-press exercises with increasing degrees of freedom, J Strength Cond Res; 26(11): 2962-2969.
Tag:panca piana, powerlifting, squat, stacco
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